26 gennaio 2022 15:30

Il fotografo statunitense Alec Soth è “il grande testimone itinerante della vita americana” da quando nel 2004 è uscito Sleeping by the Mississippi, lavoro che l’ha fatto conoscere al grande pubblico e sbarcare ufficialmente nel mondo dell’arte.

Da allora l’artista è stato instancabile, ossessionato dalle immagini: quelle che crea lui, quelle degli altri, i processi che le fanno nascere e le loro varie intersezioni con altri media. Oltre a dare vita ai propri progetti, colleziona (quasi accumula) fotografie, scrive una newsletter di fotografia e di poesia, ha una casa editrice/laboratorio (Little Brown Mushroom), un canale YouTube sui libri di fotografia e durante il lockdown ha ideato lo spettacolo The palms, in cui selezionava e proiettava immagini improvvisando al ritmo della batteria del musicista jazz Dave King. Ha organizzato un campo estivo di fotografia per ragazzi, si è dato allo “yoga della risata” applicato alla fotografia e ora alla meditazione come pratica di vita e insegnamento.

Il suo nuovo libro A pound of pictures (Mack, 2022) è una sintesi di tutte queste attività. Il progetto comincia nel 2018 con un’idea precisa: ispirato da una poesia di Walt Whitman, Soth vuole documentare ciò che divide gli Stati Uniti in termini di politica e società, ripercorrendo la strada fatta dal feretro di Abramo Lincoln da Washington, D.C. a Springfield, Illinois. Però poi sono arrivate la pandemia e il distanziamento sociale. E nel maggio 2020 George Floyd è stato ucciso proprio a Minneapolis, dove Soth vive.

Alla luce di questi cambiamenti epocali, Soth si rende conto che l’idea iniziale non gli basta più. Per uscire dall’immobilità successiva al lockdown, ispirato da un’altra poesia di Whitman, adotta un approccio più fluido e libero basato sul flusso di coscienza, grazie al quale scrive liste di cose da fotografare (una usata poi come copertina del libro) che incolla sul volante della sua auto e che cerca mentre attraversa gli Stati Uniti, a volte anche scegliendo i luoghi grazie al lancio di un dado su una mappa.

Fotografa soprattutto le cose che incontra e che attraggono subito il suo interesse, lasciandosi guidare dal semplice piacere di osservare e dalla fiducia che ci sia qualcosa di valore insito in ogni cosa che lo incuriosisce. Nota dove va la sua attenzione, come durante la meditazione. Scatta fotografie e continua a collezionare quelle degli altri, tra mercatini e venditori. Si imbatte in un antiquario che vende foto a peso (da qui il titolo A pound of pictures, una libbra d’immagini) e comincia a riflettere sulla fisicità di ogni fotografia e su quella del processo fotografico.

Disorientati, ci si potrebbe chiedere di cosa parli questo libro. È una serie frammentata di immagini che compongono un libro di fotografia sulla fotografia stessa. Scrive Soth: “Se le immagini di questo libro devono riguardare altro al di fuori della loro fisicità, esse riguardano il processo della loro creazione: la connessione tra l’effimero (la luce) e il fisico (gli occhi/la pellicola)”, ossia il processo generativo comune a tutte le fotografie.

Lo sguardo democratico verso le cose (ogni cosa è fotografabile) di William Eggleston si allarga alla fisicità di ogni fotografia. Ogni volume infatti contiene cinque diverse ristampe di foto vernacolari comprate dall’autore, inserite liberamente tra le pagine di ogni copia. I confini tra le fotografie di Soth e quelle degli altri si assottigliano sempre di più: tutte entrano a fare parte, democraticamente, della libbra di immagini.

Qui il video su Instagram dell’opening della mostra di A pound of pictures alla galleria Sean Kelly di New York.

(Veronica Daltri)

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