28 maggio 2020 13:30

La tragedia senza fine dei lavoratori migranti in India

Dal 25 marzo milioni di lavoratori e lavoratrici migranti sono rimasti bloccati nelle città indiane, vittime indirette della pandemia di nuovo coronavirus. Quando è stato imposto il lockdown in India queste persone, impiegate nel settore informale, hanno perso tutto: il lavoro, i mezzi di sussistenza e spesso anche l’alloggio. Da allora in migliaia cercano di tornare ai loro villaggi di origine, che a volte si trovano a centinaia di chilometri di distanza. Molti non hanno altra scelta che incamminarsi a piedi, in bicicletta o in risciò, portando con sé i bambini.

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Il 23 maggio il governo ha promesso di mettere in servizio 2.600 treni speciali per riportare i migranti a casa loro. In molti hanno però denunciato ritardi – che hanno costretto i migranti ad aspettare i treni per giorni nel caldo soffocante – e la mancanza di cibo e acqua a bordo. Il governo e le ferrovie indiane hanno negato le accuse.

I mezzi d’informazione locali hanno riferito il 27 maggio che nei giorni precedenti erano morte nove persone a bordo dei treni speciali. Sui social network è circolato un video che mostra un bambino che cerca di risvegliare la madre morta al binario della stazione di Muzaffarpur, nell’est del paese. Secondo la sua famiglia, la donna è morta di fame e disidratazione. Molti altri migranti sono morti di stenti oppure investiti dalle auto e dai treni, nel tentativo di tornare ai loro villaggi di origine.

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