Andrés Neuman ritorna con un libro di pezzi letterari che è difficile chiamare racconti, tanto sono inclassificabili. Sono trenta, e ognuno è dedicato a una parte o a un aspetto del nostro corpo che l’autore esamina e ci descrive. È proprio nella descrizione che il libro dà il suo meglio. Ma allo stesso tempo questo non salva il testo da un certo manierismo. C’è una ricca morfologia di aggettivi che sembrano non solo qualificare ma quasi dare un nome, come se ciò che connotano fosse sempre stato al di fuori di ogni classificazione anatomica. L’originalità sta nelle azioni di questi “personaggi” unici, perché le parti del corpo descritte hanno un’autonomia travolgente, fanno cose che non avremmo mai sospettato che potessero fare. Una testa, oltre al cuoio capelluto e alle dimensioni, si muove per salutare, indossa un cappello o una kippah. E soprattutto ha dei dubbi, dei dubbi tremendi, oltre all’occasionale mal di testa. Fisica e anatomia si contraddicono, ma nella narrativa celebrano la loro sorprendente contraddizione. È apprezzabile che l’autore descriva l’anima come parte della nostra costituzione anatomica. Ed è con l’anima che si chiude questo trattato di anatomia. Senza l’anima non ci sarebbe sinergia, poiché senza l’anima non ci sarebbe fisiologia. Nessuna parte del nostro corpo avrebbe le proprietà quasi miracolose che possiede. L’anima è tutto. Nel bene e nel male, è un Deus ex machina. Anatomia sensibile è un omaggio al corpo. E alla finzione come parte di esso. J. Ernesto Ayala-Dip, El País
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Questo articolo è uscito sul numero 1395 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati