Marilynne Robinson trasforma la sua acclamata trilogia ambientata a Gilead in un quartetto con un nuovo romanzo, Jack. Potremmo definirlo un romanzo d’amore calvinista. È difficile immaginare qualsiasi altro scrittore contemporaneo che possa raggiungere una così rara fusione di dottrina e sentimento. Robinson rivolge il suo sguardo a Jack Boughton, un figliol prodigo nei suoi anni prodighi. È cencioso, magro e inetto, impotente nella schiavitù di un’indole peccaminosa: un bugiardo, un ladro e un ubriacone. Lasciando Gilead e suo padre, è diventato un vagabondo. In una piccola città, e sotto una pioggia improvvisa, incontra per caso Della Miles, giovane maestra e figlia di un vescovo. In modo straordinariamente rapido, eppure credibile, questi “angeli randagi” s’innamorano. Per Jack è una catastrofe; si crede un distruttore di vite, eppure “eccolo qui, affidato di nuovo a un’altra anima umana”. I pochi eventi del romanzo non avvengono sempre in ordine cronologico: arrivano sulla pagina come se fossero stati ricordati proprio in quel momento. Il lettore fatica a imporre un ordine, fino a quando, a tempo debito, capisce che la questione della causalità è irrilevante, se l’amore che nasce tra Della e Jack è più o meno divinamente ordinato. È un romanzo calvinista, in contrasto con la passione contemporanea per i romanzi fondati sulle psicologie individuali, slegate da qualsiasi fondamento filosofico o religioso. L’insistenza di Robinson su una visione luminosa e non cinica, profondamente radicata in san Paolo e sant’Agostino, suona oggi radicale.

Sarah Perry, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1432 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati