In The Batman diluvia costantemente. Se l’idea di “un reboot dark e fradicio di pioggia” non vi alletta, l’ultimo Batman potrebbe non fare per voi. Matt Reeves ha importato quell’idea di apocalisse ineluttabile che caratterizzava la sua versione del Pianeta delle scimmie, molta della cupezza lasciata in eredità da Christopher Nolan e l’inconfondibile influenza del David Fincher di Seven e Zodiac. Difficile immaginare un Batman più teso e meno sorridente. Il Cavaliere Oscuro di Robert Pattinson è sulle tracce di un serial killer che ha preso di mira l’élite di Gotham City e lascia enigmi dietro di sé. C’è molto potenziale nel mix tra film di supereroi e thriller poliziesco. Costretto a inseguire un cattivo che sta sempre un passo avanti a lui (Paul Dano, da qualche parte sotto il lattice), il meditabondo giustiziere s’imbatte in tanti personaggi (il pinguino di Colin Farrell, la catwoman di Zoë Kravitz, il commissario Gordon di Jeffrey Wright, l’Alfred di Andy Serkis) che hanno i loro pregi ma mettono in secondo piano il vero cattivo, tolgono slancio e affollano la trama. Pattinson è solido anche se il ruolo sembra neutralizzare le sue migliori qualità, rendendolo il solito giustiziere tormentato in un mondo tenebroso.
Phil de Semlyen, TimeOut

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Questo articolo è uscito sul numero 1450 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati