Linnea (Sofia Kappel) è al telefono con sua madre. La sua vita va in pezzi. Il suo lavoro è diventato insopportabile. Vuole andarsene da Los Angeles e tornare in Svezia. Certo, ma poi la madre le ricorda: “Ci saranno sempre persone che vogliono farti crollare, soprattutto se sei una giovane donna”. È un saggio consiglio, ma forse la madre non avrebbe parlato così sapendo che la figlia di 19 anni non è negli Stati Uniti per un lavoro qualsiasi. Linnea è un’attrice di film porno. La storia raccontata da Ninja Thyberg nella sua opera prima è esemplare: Linnea sbarca a Los Angeles carica di aspirazioni, convinta di poter trovare un equilibrio tra “piacere” e “lavoro”. Ma cosa è disposta a sacrificare per avere successo? Si potrebbe liquidare Pleasure come l’ennesima parabola su un’anima persa che cade nella tana del coniglio. Ma Thyberg non vuole partire all’attacco dei pregiudizi sull’industria a luci rosse e ci invita a guardare al mondo del porno per quello che è. Assumendo il punto di vista di Linnea, anche nelle scene più insopportabili, Pleasure mostra le manipolazioni che possono facilmente trasformare il consenso in costrizione. Il film potrebbe non farvi cambiare idea sull’industria del porno, ma magari vi convincerà a iscrivervi a un sindacato.
Clarisse Loughrey, Independent

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Questo articolo è uscito sul numero 1468 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati