Negli ultimi mesi l’immigrazione irregolare nell’Unione europea è aumentata. Dall’inizio dell’anno gli arrivi sono stati 281mila, il 77 per cento in più rispetto al 2021. Solo nel mese di agosto nei paesi europei sono state presentate 84.500 domande d’asilo (il numero non tiene conto degli ucraini, che possono vivere nell’Unione per tre anni senza dover fare richiesta d’asilo). È la cifra più alta dalla crisi del 2015-2016. All’epoca la foto di un bambino siriano annegato aveva sconvolto l’opinione pubblica, suscitando una reazione generosa (per quanto tardiva e incostante): la Germania accolse da sola più di un milione di persone. Dall’inizio del 2022 almeno 1.811 persone sono annegate nel Mediterraneo, ma tra la guerra in Ucraina e la crisi energetica, in Europa pochi sembrano averci fatto caso, almeno fino allo scontro tra Italia e Francia a proposito della nave Ocean Viking.

Migranti soccorsi dalla Ocean Viking al largo della Libia, 25 ottobre 2022 (Vincenzo Circosta, Anadolu Agency/Getty)

Gli sbarchi sono destinati a continuare, e ci saranno altre tensioni. Gli afgani e i siriani continuano a fuggire dalle condizioni disperate dei loro paesi. Poi ci sono gli asiatici e gli africani precipitati nella povertà dall’aumento dei prezzi degli alimenti e del carburante dovuto alla guerra in Ucraina. La pandemia di covid-19 non ha convinto i migranti a rinunciare al tentativo di raggiungere l’Europa, ma solo a rimandarlo. Il cambiamento climatico spingerà un numero ancora più alto di persone a tentare la sorte. Per ora il caldo fuori stagione ha mantenuto aperte le rotte marittime e terrestri più a lungo.

L’Europa non è certo ansiosa di accoglierli. Se pure aveva ancora un po’ di generosità l’ha esaurita con l’arrivo dei quasi cinque milioni di ucraini che dall’inizio della guerra hanno ricevuto tutele paragonabili all’asilo politico. A differenza del 2015, oggi l’economia va verso la recessione, e questo riduce sia le opportunità di lavoro per i migranti sia le risorse necessarie ad assisterli. Alcuni paesi sono già in difficoltà. In Austria i profughi sono stati alloggiati nelle tende tra le proteste delle ong. Nei Paesi Bassi ad agosto un bambino è morto in un centro di accoglienza. L’aumento delle traversate della Manica ha convinto il Regno Unito a pagare la Francia perché pattugli le sue spiagge e impedisca ai migranti di partire.

Un groviglio di misure

Questa nuova crisi dei migranti, per quanto di proporzioni minori rispetto alla precedente, solleva due problemi per l’Europa. Il primo è a livello nazionale. Aiutare le donne e i bambini ucraini in fuga dalle bombe russe era una scelta abbastanza condivisa dagli elettori, mentre accogliere migranti economici maschi e adulti provenienti da paesi lontani lo è molto meno. Nel 2015 la cancelliera tedesca Angela Merkel aveva affermato “Wir schaffen das”, possiamo farcela. Oggi pochi la pensano così. I partiti populisti hanno guadagnato terreno in tutta Europa. La Svezia, finora relativamente accogliente nei confronti dei profughi, è ora governata da una coalizione che dipende dal sostegno di un partito xenofobo.

Il secondo problema riguarda il coordinamento. La politica migratoria europea è un groviglio confuso di misure nazionali e comunitarie. I paesi del sud criticano le regole che costringono i profughi a fare richiesta d’asilo nel primo paese d’arrivo, spesso la Grecia o l’Italia, e vorrebbero che gli altri stati dell’Unione condividessero il peso dell’accoglienza accettando il trasferimento dei migranti (la maggior parte dei quali vorrebbe andare in paesi come la Germania). I paesi del nord sono disposti ad accettare solo il ricollocamento volontario, che finora non ha funzionato, e accusano gli stati meridionali di violare le regole maltrattando i profughi e incoraggiandoli a spostarsi in altri paesi. Di conseguenza molti governi hanno ripristinato i controlli alle frontiere interne dell’Unione.

Gli sforzi fatti dopo il 2015 si sono concentrati soprattutto sull’obiettivo di tenere lontani i migranti. Frontex, l’agenzia europea per le frontiere esterne, è stata rafforzata. Paesi di transito come Libia e Turchia sono stati pagati per limitare i flussi migratori, a prezzo di favorire regimi discutibili. Ma l’Europa non è riuscita a impedire l’arrivo dei migranti e ora deve gestirli. È qui che aveva fallito nel 2015 e ancora non ha un piano. ◆ as

Da sapere
Il piano della Commissione

◆Il 21 novembre 2022 la Commissione europea ha presentato un piano d’azione per le migrazioni attraverso il Mediterraneo centrale, da discutere al vertice d’emergenza dei ministri dell’interno del 25 novembre. Il documento propone di aumentare il coordinamento tra gli stati sul soccorso, rilanciare il ricollocamento volontario, incentivare il rimpatrio di chi non ottiene l’asilo e finanziare gli stati nordafricani con 580 milioni di euro perché fermino le partenze. La Commissione inoltre s’impegna a promuovere un dialogo all’interno dell’Organizzazione marittima internazionale per stabilire linee guida specifiche sul soccorso in mare da parte delle navi umanitarie.


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Questo articolo è uscito sul numero 1488 di Internazionale, a pagina 27. Compra questo numero | Abbonati