Per condurre un esperimento di fisica chiamato test di Bell sono stati impiegati dei processori quantistici che, a differenza di quelli classici, usano i qubit invece dei bit. Il bit può assumere solo il valore zero o uno, mentre un qubit può trovarsi anche in una sovrapposizione di stati. Nell’esperimento, ideato dal fisico John Bell nel 1964, i processori erano costituiti da un materiale superconduttore tenuto a temperatura molto bassa, circa 273 gradi sottozero. Posti a una distanza di trenta metri l’uno dall’altro, i processori erano collegati da un tubo in cui era stato creato il vuoto. L’obiettivo era dimostrare l’entanglement, cioè la correlazione tra due oggetti quantistici. Secondo la teoria quantistica, due oggetti di questo tipo possono essere pensati come una singola unità. Quando uno dei due è misurato, l’altro assume un risultato correlato, anche se sono separati. L’esperimento ha stabilito che l’entanglement, già dimostrato in passato per le particelle, vale anche per oggetti più grandi. Per l’esperimento i ricercatori hanno sviluppato soluzioni tecnologiche che potrebbero essere usate per costruire un computer quantistico. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1512 di Internazionale, a pagina 103. Compra questo numero | Abbonati