Il 18 settembre, riconoscendo che il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile procede a rilento, le Nazioni Unite hanno rinnovato all’unanimità il loro impegno con una dichiarazione preparata dall’Irlanda e dal Qatar. “Siamo a metà del percorso verso la scadenza del 2030”, ha detto il primo ministro irlandese Leo Varadkar, “e non siamo dove vorremmo essere”. Secondo Varadkar gli obiettivi dell’agenda 2030, fissati nel 2015, possono ancora essere raggiunti. Invece per il segretario generale dell’Onu António Guterres gli sforzi dei paesi più ricchi sono insufficienti.

Al ritmo attuale si completerebbe solo il 15 per cento dei 17 obiettivi pensati per mettere fine alla povertà estrema e alla fame, proteggere l’ambiente e cancellare la disuguaglianza di genere. In otto campi – tra cui la riduzione delle emissioni dei gas serra – si registrano addirittura dei passi indietro. Il mondo si era impegnato a garantire che nel 2030 più nessuno avrebbe sofferto la fame, che oggi però è a livelli che non si registravano dal 2005. Secondo le previsioni, nel 2030 le persone affamate saranno seicento milioni. Mezzo miliardo resterà in stato di povertà, mentre cento milioni di bambini non andranno la scuola. Per quanto riguarda la disuguaglianza di genere, servirebbero 286 anni per eliminare il divario nella protezione legale tra uomini e donne e rimuovere le leggi discriminatorie.

La povertà alimentare è una priorità di sviluppo per l’Irlanda, che quest’anno darà almeno 284 milioni di euro ai programmi per l’agricoltura, la distribuzione di viveri e la lotta alla malnutrizione. La dichiarazione propone un impegno internazionale annuale da 480 miliardi di euro per realizzare gli obiettivi dell’Onu, oltre a una ricapitalizzazione delle banche di sviluppo multilaterale e a una revisione dell’“architettura finanziaria internazionale” destinate a ridurre il debito. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1530 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati