Nei suoi quasi settant’anni di storia, Godzilla è stato tante cose. Il film di Takashi Yamazaki ha nostalgia per i tempi andati in cui il mostro era una semplice forza distruttrice. Torna anche all’ambientazione classica delle sue origini nel dopoguerra in un Giappone sconvolto dall’atomica. Koichi (Ryunosuke Kamiki) è un kamikaze che ha eluso i suoi ordini, riparando su un’isola dove (cadendo dalla padella alla brace) assiste alla prima apparizione del mostro. Dopo la carneficina iniziale, il regista adotta una narrazione quasi ellittica. Koichi torna a casa, a Tokyo, dove costruisce accidentalmente una famiglia con una senzatetto e un orfano. Insieme cercano di sopravvivere alla devastazione che Godzilla scatena sulla città ancora segnata dal conflitto. I tentativi satirici sono banali, ma Yamazaki sfruttando al massimo la sua esperienza nell’animazione prova a rilanciare la saga del mostro in un modo molto umanista e nostalgico. È notevole anche l’uso degli effetti visivi, che hanno lo scopo preciso di creare un’atmosfera particolare.
Kambole Campbell, Empire

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Questo articolo è uscito sul numero 1541 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati