Un corteo composto da diverse limousine nere, partito dall’aeroporto governativo di Vnukovo-2, fende la nebbia in direzione di Mosca. L’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff è arrivato nella capitale russa il pomeriggio del 2 dicembre per presentare al capo del Cremlino il tanto discusso piano di pace statunitense, ormai rivisto e corretto dagli europei e dagli ucraini.
Questa volta l’uomo scelto da Donald Trump per le missioni più delicate è accompagnato dal genero del presidente, Jared Kushner, probabilmente nella speranza che si ripeta il successo dello scorso ottobre, quando i due strapparono un cessate il fuoco a Gaza. Un pessimo accordo, certo, ma comunque un accordo. Sul dossier ucraino, però, le cose sono più complicate.
“Non ci muoveremo di un millimetro, perché sul campo tutto gioca a nostro favore”
Una volta a Mosca, i due americani e la loro traduttrice sono stati accolti dal principale interlocutore russo, un Kirill Dmitriev molto sorridente, che li ha invitati a pranzo in un ristorante stellato del centro. Il responsabile del fondo sovrano russo ha anche fatto da guida, mostrando ai suoi ospiti i dintorni dello Tsum, i grandi magazzini ereditati dall’epoca sovietica e diventati oggi un tempio del lusso e dei consumi.
Terminati i convenevoli, Witkoff e i suoi compagni si sono diretti al Cremlino, dove erano attesi da Vladimir Putin. Dmitrij Peskov, il portavoce del presidente russo, aveva già avvertito che non ci sarebbero state dichiarazioni al termine del vertice. A Mosca in questo tipo di situazioni di regola non trapelano informazioni. “Alla nebbia della guerra fa seguito la nebbia dei negoziati”, scherzava il giorno prima Michail Rostovskij, giornalista esperto di diplomazia del giornale Moskovskij Komsomolets, di proprietà di un industriale vicino al presidente russo.
Lungo il fronte
Tuttavia, poche ore prima dell’incontro con Witkoff – il sesto in Russia dall’inizio dell’anno – Putin ha voluto dettare il tono della giornata, lanciando alcuni messaggi subliminali agli statunitensi e all’opinione pubblica russa più favorevole alla guerra.
Il 1 dicembre il suo portavoce ha anche tenuto a far sapere che il presidente aveva visitato un posto di comando del corpo di spedizione russo in Ucraina. Nelle immagini diffuse dal Cremlino, lo si vede in divisa mimetica mentre si congratula dei progressi fatti con un gruppo di generali, tra cui il capo di stato maggiore Valerij Gerasimov. “Impressionante!”, esclama Putin quando questi alti ufficiali gli riferiscono che i soldati hanno ormai conquistato Pokrovsk, nella regione di Donetsk, e Vovčansk, vicino a Charkiv, e che stanno avanzando rapidamente anche a sud, nella regione di Zaporižžja. I prossimi obiettivi sono Huliaipole, verso sud, oltre a Kramatorsk e Slovjansk, nel Donbass. Con sguardo impassibile e tono marziale, Putin ha concluso che l’esercito russo “aveva preso l’iniziativa su tutta la linea del fronte”.
Anche se Kiev ha smentito le ultime conquiste di Mosca – che fonti indipendenti hanno confermato solo parzialmente – il messaggio era chiaro. “Quello che il presidente ha voluto dire è che non ci muoveremo di un millimetro dalle nostre posizioni, perché sul campo di battaglia tutto gioca a nostro favore. E il signor Witkoff avrà molta difficoltà a sollevare il tema delle concessioni da parte russa”, spiega l’analista militare Aleksander Kots, di un altro popolare giornale russo vicino al Cremlino, la Komsomolskaja Pravda.
In effetti Mosca ha aspettato la vigilia della visita dei negoziatori statunitensi per diffondere le immagini, che erano state girate il 30 novembre.
Da parte russa, quindi, non ci sarà nessuna concessione. D’altra parte, su cosa dovrebbero essere? Il contenuto del piano di pace discusso da statunitensi e ucraini a Ginevra e poi in Florida il 30 novembre rimane un mistero. Diverse fonti affermano che i principali punti critici sono la sorte dei territori conquistati da Mosca, le garanzie di sicurezza per l’Ucraina e l’eventuale uso dei fondi russi congelati all’estero per finanziare la ricostruzione del paese. Sono ostacoli di portata notevole.
Tempi biblici
Immersi nella loro logica di conquista, i commentatori di Mosca sono ottimisti. “La fine del conflitto è vicina”, si dice negli ambienti più favorevoli alla guerra, che contano sull’effetto combinato della crisi politica a Kiev e dell’avanzata dell’esercito russo sul terreno per far cadere il “governo golpista” di Volodymyr Zelenskyj. A questo punto non avrebbe senso affrettarsi a firmare un accordo di pace insidioso. “La Russia ha il tempo dalla sua parte”, ha scritto il 1 dicembre il quotidiano ufficiale del governo russo Rossijskaja Gazeta, suggerendo – con tanto di citazione dalla Bibbia – che a questo ritmo i negoziati potrebbero proseguire fino al secondo avvento del Messia.
Arrivato, come di consueto, in ritardo all’appuntamento con gli inviati statunitensi, Vladimir Putin si è comunque ritagliato alcuni minuti per parlare con i giornalisti: abbastanza per minacciare l’Ucraina di rappresaglie se avesse continuato ad attaccare le navi russe nel mar Nero, e l’Europa di una risposta immediata, in caso di atto ostile contro il territorio russo. Ancora un volta, il messaggio è stato chiarissimo. ◆ adr
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Questo articolo è uscito sul numero 1643 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati