Di tutti i percorsi da fare a piedi preferisco quelli circolari. Mi piace tornare indietro quasi per caso, andando sempre avanti. Un esempio perfetto è l’anello della rupe di Orvieto: un cammino a ridosso della rupe su cui poggia la città, che in pochi chilometri conduce dalle coste fredde e umide esposte a nord, dove ci sono solo muschi, licheni e necropoli, a quelle assolate della parte sud, con capperi, ulivi e fiori di malva. Ma ogni volta che lo imbocco mi sembra di percorrere il cammino al contrario rispetto a tutti gli altri. A me sembra evidente che si inizi dal nord cupo e malinconico e si finisca con il sud assolato e pieno di buonumore, ma gli unici camminatori in cui mi imbatto vengono da sud e si dirigono a nord. Questa assurda sensazione di essere l’unica a percorrere il cammino nella direzione opposta ma sensata, mi ha accompagnato fino a quando un giorno mi sono presa una storta e mi sono dovuta fermare: mi sono accorta allora di quante persone percorrono l’anello nella mia stessa direzione. Certo che non le incontravo mai, fanno il mio stesso giro! Questa storiella è una bella metafora dei giorni che ho passato al festival di Internazionale a Ferrara: nonostante le notizie nefaste, gli orrori e gli errori, il dolore delle testimonianze e la paura per il domani, mi sono fermata e ho visto che ci sono tantissime persone che percorrono un cammino in una direzione che chiamerei sensata, ostinata e contraria.

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Questo articolo è uscito sul numero 1584 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati