Nel mondo arabo è raro vedere donne in incarichi politici di rilievo. Su ventidue paesi del Medio Oriente e del Nordafrica solo uno ha una donna a capo del governo: la Tunisia. Quando la geologa Najla Bouden è stata nominata nel settembre 2021, il presidente tunisino Kais Saied ha parlato di “un onore per il paese e un omaggio alle tunisine”. Su ventiquattro ministri del governo, otto sono donne.

La nomina di Bouden è avvenuta poche settimane dopo che il presidente aveva sospeso il parlamento e costretto alle dimissioni il primo ministro, annunciando che avrebbe governato per decreto. Da mesi Saied scioglie organi democraticamente eletti e ne nomina di nuovi completamente sotto il suo controllo, anche se più equilibrati dal punto di vista della parità di genere. Saied è dunque interessato all’uguaglianza? Improbabile.

L’ex professore universitario è noto per le sue idee conservatrici sui diritti delle donne. Alcuni esperti sostengono che questo suo impegno per le donne sia un tentativo di sviare l’attenzione dalla sua presa di potere, una strategia ereditata dai suoi predecessori. “Quando una democrazia debole sprofonda in un regime autoritario, strumentalizzare i diritti delle donne può essere un modo per placare la collera degli occidentali”, spiega Emna Semmari, una studiosa tunisina di questioni di genere.

Diritti intaccati

Dopo la rivolta del 2011 le tunisine erano combattute tra la gioia e la paura: erano felici di veder cadere il ventennale stato di polizia, ma temevano che l’ascesa di un partito islamista, Ennahda, avrebbe intaccato i diritti che avevano acquisito dall’indipendenza in poi. Queste preoccupazioni si acuirono nel 2014, al momento di approvare una nuova costituzione, quando un portavoce di Ennahda dichiarò di voler consentire la poligamia. Alla fine anche Ennahda votò a favore dell’articolo 21, che stabilisce che i cittadini maschi e femmine hanno pari diritti e doveri, fatta eccezione per la successione ereditaria (per l’organizzazione Human rights watch fu un tradimento delle donne tunisine).

Dal 2011 la Tunisia ha una legge che impone lo stesso numero di uomini e donne nelle liste elettorali. Secondo Semmari, però, per rispettarla i partiti spesso inseriscono i nomi di donne provenienti da famiglie conosciute nell’ambiente, anche se non sono impegnate in politica. Sulla carta la partecipazione femminile alla politica non incontra ostacoli, ma i problemi sociali ed economici rendono più difficile l’accesso a ruoli dirigenziali. “Molte tunisine pensano che le donne non possano essere brave in politica perché gli uomini proibiscono a mogli e sorelle di impegnarsi, affermando che dovrebbero stare fuori fino a tardi e loro non possono accettarlo”, osserva Semmari.

Da sapere
La commissione elettorale

◆ A pochi mesi da un referendum sulle riforme costituzionali previsto per luglio, il capo dello stato tunisino Kais Saied ha rafforzato ulteriormente il suo potere. Un decreto del 22 aprile 2022 gli garantisce il diritto di scegliere il presidente e tre dei sette componenti della nuova commissione elettorale, riporta La Presse de Tunisie, che commenta: “È caduto un altro mattone dell’edificio democratico”.


La dipendenza economica dagli uomini e la mancata educazione ai diritti politici delle donne, in particolare nelle zone rurali, aggravano ulteriormente il problema. Nonostante le difficoltà, se le donne credono l’una nell’altra, il progresso è possibile, afferma la studiosa: “C’è una luce in fondo al tunnel”.

In tutto il mondo la parità di genere è ancora lontana: circa l’80 per cento degli incarichi politici è affidato a uomini. L’ossessione per il controllo del corpo delle donne, dei loro diritti e delle loro libertà non riguarda solo il mondo musulmano. “Il contratto sociale tra stato e cittadino non includeva le donne, che sono state escluse”, osserva l’esperta marocchina Karima Nadir. “Dovremmo pensare a un nuovo sistema politico e sociale invece di cercare di aggiustare quello costruito dagli uomini per gli uomini”. ◆ fdl

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Questo articolo è uscito sul numero 1458 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati