“Lo compro a scatola chiusa”: da proclama pubblicitario a principio del crowdfunding, In ambito musicale funziona soprattutto quando, oltre alla fiducia nei confronti di una band o di un artista che chiede un finanziamento per produrre un disco, c’è un discorso di genealogia e di memoria. È il caso degli Estra, che non erano più attivi dal 2003 ma da qualche anno hanno ripreso a scrivere pezzi e durante l’estate hanno lanciato una campagna di raccolta fondi su Produzioni dal basso, arrivando a più di trentamila euro (l’obiettivo iniziale era di ventimila). I sostenitori hanno ricevuto un link al brano inedito E tutto è vero e probabilmente saranno aggiornati sulle fasi di lavorazione con un calendario più o meno regolare, disinnescando i meccanismi para-occulti del mistero e della sorpresa con cui almeno fino a qualche anno fa si lanciavano i dischi.

La storia dell’album che verrà dimostra che non necessariamente bisogna avere un’altissima fidelizzazione in rete per ottenere degli investimenti o dei doni da una comunità, perché gli Estra sono una band da “archivio” e fanno parte della storia del rock alternativo italiano degli anni novanta. Con il loro semplice annuncio sono riusciti a riattivare un desiderio di fondo, legato alla singolarità delle band e dei dischi di quegli anni, quando si faceva meno, e già questa era una garanzia di qualità involontaria. Tuttavia, è bello che la raccolta di fondi sia dedicata a un disco nuovo: se è la memoria a far sì che il nuovo album degli Estra esista, la fiducia è che sappia evocare il passato senza usarlo come travestimento.

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Questo articolo è uscito sul numero 1532 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati