Dopo aver lasciato il suo villaggio del nord e suo marito, Monique deve di nuovo scappare, stavolta deve lasciare l’appartamento parigino dell’uomo con cui aveva provato a rifarsi una vita. Édouard Louis correggerebbe e scriverebbe: “L’uomo con cui ha abitato”. Perché Monique, sua madre, non ha davvero vissuto accanto a quel compagno: ne ha subìto le sfuriate, gli insulti, le umiliazioni. Finché un giorno decide di riprendersi la libertà. Chiama suo figlio in lacrime. Édouard Louis, allora ventottenne e già autore affermato in residenza ad Atene, decide di organizzare con lei la sua fuga. Monique non ha denaro e la libertà ha un prezzo. Da lontano, dal suo computer, il figlio, il suo alleato, le ordina un taxi, le fa arrivare dei pasti quando si rifugia da lui, le trova una casa e dei mobili. Come nel videogioco che amava da bambino, in cui bisognava creare la vita di un personaggio, lui ricostruisce un’esistenza per sua madre perché abbia finalmente una vita tutta sua. In un’inversione dei ruoli sorprendente e commovente, diventa l’autore della propria madre, la rimette al mondo. Con il suo primo libro, Il caso Eddy Bellegueule, l’aveva ferita: era il racconto di un’infanzia povera e violenta. È attraverso la stessa strada, la scrittura, che ora tenta una riparazione. “Attraverso di lei ho scoperto il piacere di scrivere al servizio di qualcun altro. Nulla, in letteratura, mi aveva mai dato così tanta gioia”. Questo libro è un gesto d’amore.
Elisabeth Philippe, Le Nouvel Obs
Gli agenti del caos che guidano l’ultimo thriller di Christopher Bollen appartengono a due categorie facilmente sottovalutate: una donna anziana e un bambino. L’abisso d’età tra la narratrice ottantunenne, Maggie Burkhardt, e il suo antagonista di otto anni permette un conflitto intergenerazionale sconcertante che si dipana in un hotel egiziano durante la pandemia. In un periodo in cui le frontiere sono chiuse e la morte è un po’ ovunque, questi due personaggi temibili sfruttano a proprio vantaggio la vulnerabilità da loro percepita. Il motivo per cui Maggie si trova lì è il primo mistero. Sono passati cinque anni da quando ha lasciato il Wisconsin dopo la morte del marito e della figlia, fuggendo la solitudine per vagare tra i grandi alberghi storici d’Europa. In Egitto ha fatto amicizia con il direttore dell’hotel e conclude le sue giornate suonando una campanella per radunare gli altri ospiti a guardare il tramonto. È un soggiorno idilliaco, tranne quando si riaccende la sua compulsione a intervenire nelle relazioni disfunzionali altrui. È animata dalle migliori intenzioni, naturalmente. “Solo una volta le mie azioni hanno avuto un esito peggiore”, ammette, “ma non mi piace parlare dell’omicidio”. Tutto questo appartiene al passato, però, quando Otto Seeber, otto anni, arriva con sua madre e attira l’attenzione di Maggie. L’autore è abile nel far crescere l’inattendibilità di Maggie finché la sua armatura non crolla in modo drammatico.
Julia Lloyd George, Times Literary Supplement
Il sinuoso e metanarrativo romanzo di Diego Gerard Morrison sembra infestato dagli spettri. Alcuni dei fantasmi del romanzo sono i desaparecidos messicani: persone che potrebbero essere vive o morte, che potrebbero tornare oppure no. Il libro si apre a Città del Messico nel 2017, poco prima del terzo anniversario del rapimento di 43 studenti della Scuola normale rurale di Ayotzinapa, un caso reale tuttora irrisolto. A risuonare lungo tutto il romanzo è il grido di protesta: “Vivos se los llevaron, vivos los queremos” (Vivi li hanno portati via, vivi li rivogliamo). Il protagonista, Aureliano Más Secondo, comprende bene questo sentimento: sua madre è scomparsa senza spiegazioni più di trent’anni prima, quando lui era un neonato; e lui si confronta con la possibilità che sia morta da tempo. Nonostante i numerosi riferimenti al realismo magico, Aureliano, che sta tentando di scrivere un romanzo sulla scomparsa di sua madre, è critico verso il genere. Lo vede come pura fantasia e ne mette in dubbio l’utilità in un paese lacerato da cicli infiniti di violenza dei cartelli della droga e sparizioni forzate, un paese che preferisce non affrontare la probabile morte delle decine di migliaia di persone svanite nel nulla.
Kristen Martin, The Believer
Questa reinterpretazione brillantemente bizzarra di Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson, firmata dall’autrice gallese Emma Glass, arriva sulla scia dell’ondata recente di riscritture femministe dei classici. Partendo da questo horror gotico vittoriano Glass compie una serie di scambi ingegnosi nella favola di Stevenson sul maschile incontrollato in preda ai suoi istinti. Jekyll, invece di essere un medico, è un’insegnante gentile, Rosy Winter, che guarda con stupito incanto i suoi alunni ascoltare una storia, mentre osserva le loro “labbra a bocciolo fremere per l’attesa”. In un’ulteriore svolta letteraria, Hyde non è una persona o un alter ego (almeno non all’inizio) ma una cosa reale annidata dentro Rosy: il tumore canceroso che la sta uccidendo. Glass, che lavora come infermiera pediatrica a Londra, trasforma il cancro di Rosy in tutto l’orrore di cui il suo romanzo gotico potrebbe aver bisogno. La rilettura di Glass di questo classico è allo stesso tempo raccapricciante, divertente, appassionata e molto ingegnosa.
Robert Collins, The Sunday Times
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