La formula magica più diffusa? “Questo non è il momento di”. Fateci caso. A chiunque tiri in ballo, al fine di ragionare sul da farsi, le porcherie dei “buoni”, si risponde con fastidio: “Questo non è il momento di”. Idem se si elencano i casi in cui, in passato, i “cattivi” e i “buoni” hanno messo a soqquadro la vita quotidiana d’altri popoli per poi accordarsi con reciproco vantaggio. La risposta è: “Sarà vero, ma questo non è il momento di”. La conseguenza è la sospensione del passato remoto e del passato prossimo, anche se sono indispensabili per imbastire qualsiasi ragionamento sul presente mentre passa e qualsiasi previsione sul futuro mentre irrompe. Trionfa invece lo spettacolo dell’orrore, che è, come ogni spettacolo, attimo che si compie sotto i nostri occhi. Questo guardare, al sicuro, è l’unico momento che ci viene concesso: lungo, estenuante, durante il quale o siamo paralizzati dalla paura o vorremmo balzare sul palcoscenico, massacrare Jago, salvare Desdemona da Otello. Dove ci sospinge questa stimolazione? A cosa ci prepara? E come la mettiamo con il fatto che siamo infuriati ma intanto ci auguriamo che – in barba agli ucraini e ai loro morti – i “buoni” della terra, incassati i loro dividendi, calmino Putin l’orribile con un po’ di Ucraina e lo chiamino di nuovo, fino al prossimo sanguinoso round, l’amico Putin? Ma basta, questo non è il momento di.

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Questo articolo è uscito sul numero 1451 di Internazionale, a pagina 16. Compra questo numero | Abbonati