Editoriali

La fiducia del sud del mondo

Nel tentativo di rinnovare i legami con i partner del sud del mondo, gli occidentalissimi paesi del G7 hanno invitato al vertice di Hiroshima, in Giappone, anche leader come l’indiano Narendra Modi, il brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva e l’indonesiano Joko Widodo.

Tre figure rappresentative di quello che un tempo era chiamato “terzo mondo” e che oggi rivendica con orgoglio la definizione di “sud globale”. Un insieme molto eterogeneo – ne fanno parte paesi molto poveri e anche alcune grandi potenze – ma unito dalla determinazione a riprendere in mano il proprio destino. I tempi dell’allineamento sistematico con Washing­ton e le ex potenze coloniali sono ormai lontani. Ognuno di questi paesi, al contrario, vuole riequilibrare le proprie alleanze con un obiettivo chiaro: la difesa dei propri interessi.

Anche se i loro governi hanno votato alle Nazioni Unite in favore della difesa dell’integrità territoriale dell’Ucraina, molti si sono rifiutati di adottare le sanzioni volute dall’occidente contro la Russia. È un’evidente mancanza di solidarietà nei confronti di un paese aggredito? O il segno di un certo opportunismo da parte di stati che sono partner dell’occidente ma comprano il petrolio russo a prezzi scontati e firmano accordi economici con Pechino?

L’Ucraina è stata una cartina di tornasole. Prima di tutto per l’occidente, che ha capito fino a che punto i paesi del sud si siano allontanati dalla sua linea. Ma anche per le nazioni emergenti, contrarie ad accettare che questa “guerra tra europei” monopolizzi l’attenzione internazionale a scapito di altri conflitti sanguinosi ma più lontani da Washington e Bruxelles.

La pandemia e poi la guerra, con il loro strascico di frontiere chiuse, forniture interrotte, posti di lavoro persi e inflazione, hanno messo a dura prova molte economie del sud del mondo, che vogliono solo la pace in Ucraina il prima possibile e il ritorno a una certa stabilità internazionale.

I paesi del sud non hanno dimenticato gli interventi militari occidentali per rovesciare i governi in Iraq e Libia, che hanno devastato interi stati senza che nessuno dei responsabili sia mai apparso davanti alla Corte penale internazionale.

Gli occidentali sanno benissimo che gli inviti ai vertici non basteranno a riconciliarsi con i paesi del sud globale, eredi del movimento dei “non allineati” del dopoguerra. Per accelerare il proprio sviluppo questi paesi hanno bisogno di molti partner. Se l’occidente vuole restare in corsa dovrà rimettersi in discussione e creare nuove relazioni, più rispettose e realmente vantaggiose per tutte le parti coinvolte. E smettere di usare due pesi e due misure. ◆ as

L’Europa guardi l’Emilia-Romagna

Le alluvioni che hanno sconvolto l’Italia sono un chiaro avvertimento per gli altri paesi europei: il cambiamento climatico provocato dall’attività umana è destinato a durare.

Questi disastri evidenziano le carenze delle politiche pubbliche in Italia, che si è rivelata assolutamente impreparata ad affrontare l’emergenza. Un piano nazionale è stato prima rinviato e poi trascurato. Gli investimenti per dragare i fiumi, costruire dighe e riparare i sistemi idrici sono stati largamente insufficienti. Secondo Arcangelo Francesco Violo, presidente del Consiglio nazionale dei geologi, “l’urbanizzazione intensiva e disordinata degli ultimi decenni ha avuto un forte impatto, così come l’elevato consumo di suolo”. I servizi di soccorso hanno svolto un lavoro eroico, ma non hanno fondi a sufficienza. La competenza del governo centrale è stata messa in discussione da molti.

Non c’è dubbio che tutto questo dovrà cambiare. L’Italia, stretta tra due mari sempre più caldi, è particolarmente esposta ai fenomeni climatici estremi, che si tratti di trombe d’aria, alluvioni, valanghe, frane, tempeste o intense grandinate. I possibili danni alle infrastrutture tecnologiche e alle località storiche devono essere al centro della pianificazione pubblica.

Ma in questa vicenda ci sono insegnamenti da trarre anche per altri paesi e governi europei. I disastri in Italia, infatti, dimostrano che stiamo attraversando un periodo caratterizzato da profondi cambiamenti climatici, in cui è indispensabile un intervento di prevenzione e mitigazione a livello sia nazionale sia europeo. ◆ as

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1513 - 26 maggio 2023
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