Arriva finalmente in Italia un’autrice talentuosa come la francese Camille Jourdy. Capace di creare un proprio universo partendo però dalla realtà quotidiana più comune, Jourdy si rivela acuta e rigorosa anche in termini di osservazione di caratteri, comportamenti e situazioni. Commedia umana con le sembianze di un teatrino coloratissimo, il suo mondo grafico è avvolto nella soffice nuvola dell’infanzia, dell’eterna bambina che (ri)trova sempre l’incanto, a cominciare dall’uso dei colori. Quando rielabora le tappezzerie orientali punteggiate di un Matisse, Jourdy recupera la magia e la meraviglia dello sguardo infantile: i paesaggi potrebbero essere disegni di una bimba attaccati sul muro della cameretta, disegni che sembrano nascondere un folletto, uno gnomo o un fantasma che può sorgere all’improvviso. Sono rappresentati fantasmi ben reali, angosce, ma con la speranza del risveglio, dell’acquisizione di una consapevolezza, come evidenzia il sottotitolo I fantasmi ritornano in primavera. Nel raffigurare la dialettica tra mentalità (originaria) della provincia e (acquisita) della grande città, nel cogliere il ruscello del tempo e del non detto che scorre sottotraccia nelle relazioni familiari, l’autrice fissa dialoghi e situazioni con finezza e precisione, in un misto di humour e profondità. Mettendo sempre in evidenza l’amore per i rapporti umani, come fossero un tutt’uno con la natura.

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Questo articolo è uscito sul numero 1535 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati