Benedetto XVI, il “pastore tedesco” nella felice intuizione che il giornalista di Liberazione Ivan Bonfanti regalò ai colleghi del Manifesto nella notte della fumata bianca, conquistò un piccolo primato. Fu il primo pontefice a presentarsi in tv per rispondere alle lettere dei fedeli. Giovanni Paolo II e Francesco si sono limitati a rapide telefonate di ringraziamento. Celebre rimase quella di Wojtyła a un incredulo Bruno Vespa. Ratzinger andò oltre. Affezionato alla parola più che ai colpi di scena, nel 2011 accettò l’invito di A sua immagine, realizzato dalla Rai in collaborazione con la Cei, per rispondere a selezionatissime domande del pubblico. Da uno studio allestito direttamente in Vaticano, il giornalista Rosario Carello inaugurò la scaletta con la domanda di una bambina giapponese di sette anni che chiedeva dove fosse Dio quando il suo paese veniva colpito dal terremoto. Poi una mamma di un ragazzo in coma, tormentata dall’idea di un figlio senza più anima. Poi ancora l’appello di una comunità cristiana in Iraq e i loro rapporti con i musulmani. Ratzinger ha parole talvolta di consolazione, talvolta profondamente politiche, cita le scritture senza mai cedere a metafore mondane e riafferma la scelta della vita oltre ogni evidenza scientifica. Benedetto XVI fu dunque il primo protagonista, e al momento unico, di un talk show pontificale, con il mondo, nelle sue spinte e lacerazioni, nella veste di contraddittorio. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1493 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati