Quest’anno ci siamo arrivati il 28 luglio, un giorno prima del 2021. L’Earth overshoot day, che in italiano si può tradurre con “giorno del sovrasfruttamento della Terra”, indica la data in cui l’umanità ha consumato tutte le risorse che gli ecosistemi possono rigenerare in un anno.

Nel 1971 era stato il 25 dicembre e da allora ci siamo arrivati ogni anno un po’ prima. Con poche eccezioni: gli anni delle crisi energetiche (1974, 1980), finanziarie (2008) e sanitarie (2020). Superato questo giorno, il mondo vive in deficit e dunque al di sopra delle sue possibilità. Oggi servirebbero 1,75 Terre per soddisfare i consumi della popolazione mondiale in modo sostenibile.

Il debito ecologico varia da un paese all’altro. Se tutti vivessero come gli italiani, l’Earth overshoot day sarebbe stato raggiunto il 15 maggio, due mesi prima con gli statunitensi e il 2 giugno con i cinesi. L’Earth overshoot day è calcolato dall’associazione non profit statunitense Global footprint network dividendo la biocapacità della Terra per l’impronta ecologica dell’umanità e moltiplicando il risultato per 365 giorni.

Si tratta ovviamente di una semplificazione che aggrega migliaia di indicatori statistici traducendoli in un’unità di misura comune. C’è dunque qualche approssimazione, alcuni indicatori sono ignorati ed è molto antropocentrico, cioè si basa sull’idea che tutte le risorse naturali siano destinate alla sopravvivenza degli esseri umani. Malgrado queste obiezioni, l’Earth overshoot day ci ricorda la finitezza del pianeta in cui viviamo.

Come ha detto il presidente del Global footprint network, Mathis Wackernagel, commentando i dati di quest’anno, “è come se una persona avesse speso tutti i suoi soldi il 28 luglio e il resto dell’anno vivesse facendo debiti. Anzi è ancora più grave, perché i soldi si possono sempre stampare o chiedere in prestito. Le risorse, invece, possiamo solo prenderle in prestito dal futuro”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1474 di Internazionale, a pagina 5. Compra questo numero | Abbonati