A Ferragosto in genere gli italiani sono in vacanza e la politica è un tabù. Non quest’anno. L’Italia è sprofondata in un’insolita elezione estiva (si vota il 25 settembre), dopo la caduta a luglio del fragile governo di coalizione. Ora non si fa che parlare di accordi, candidati, collegi elettorali e baratti. Le vacanze italiane sono rovinate.

A meno di un improbabile miracolo politico, Giorgia Meloni diventerà presidente del consiglio. Sarà un momento storico per l’Italia e per l’Europa: Meloni è a capo del partito populista e di estrema destra Fratelli d’Italia, erede diretto del Movimento sociale italiano (Msi), formazione neofascista con cui condivide la fiamma nel simbolo. Uno dei paesi centrali dell’eurozona sarà governato da una coalizione di centrodestra, in larga misura euroscettica ostile agli immigrati. L’alleanza tra Meloni, la Lega di Matteo Salvini e i resti di Forza Italia, il partito dell’ottantacinquenne Silvio Berlusconi, otterrà quasi certamente un’ampia maggioranza.

La sinistra è debole e divisa, e i legami con quel che resta dell’ultrapopulista Movimento 5 stelle (M5s, che a giugno si è scisso) si sono spezzati. In assenza di alleanze larghe, nel sistema elettorale italiano misto e complesso – anche dopo il taglio del numero di parlamentari decretato da una battaglia dei cinquestelle culminata in un referendum – l’opposizione appare in condizioni disastrose. Il governo dell’ex banchiere Mario Draghi era molto popolare, ma era destinato a concludersi senza lasciare alcuna eredità politica.

La lunga agonia di governi d’emergenza e fragili coalizioni sembra prossima alla fine. Il governo di Meloni durerà a lungo, a meno di scandali o crisi economiche, da non escludere. Alcuni hanno osservato il paradosso della sua affermazione proprio mentre ricorre il centesimo anniversario della prima presa del potere da parte dei fascisti in Italia: la marcia su Roma di Benito Mussolini, avvenuta nell’ottobre 1922, che segnò l’inizio della fine per la democrazia italiana e la nascita di un regime autoritario durato vent’anni. Ma, diciamolo subito con chiarezza, Meloni non è fascista. Non si metterà a capo di gruppi armati in camicia nera e non cercherà di rovesciare la democrazia liberale. Al di là di questi elementi di base, però, i segnali sono preoccupanti per l’Italia, per l’Europa e per la democrazia. Meloni e Salvini sono populisti della stessa specie di Viktor Orbán, Nigel Farage e Marine Le Pen. Hanno costruito il loro successo sulla promessa di grandi tagli alle tasse che favoriscono i più ricchi, una retorica nazionalista contro gli immigrati e i rifugiati (con cenni alla teoria della grande sostituzione) e su discorsi antieuropei. Tutto questo si è svolto in gran parte sui social network, dove Meloni e Salvini sono utenti esperti, a differenza di Berlusconi, che non è mai andato oltre la tv, di gran lunga il suo mezzo di comunicazione preferito.

Il più pericoloso

Mentre Meloni nega ufficialmente e con rabbia qualsiasi legame con il fascismo, la base del suo partito annovera molti militanti “nostalgici” del regime di Mussolini. Esempi di questi legami (slogan, statue, saluti) sono comuni e spesso liquidati come mero folclore, niente di serio, solo apparenza. I consiglieri nelle amministrazioni locali del partito di Meloni sono spesso stati visti fare il saluto romano, lodare Mussolini e abbandonarsi a un razzismo esplicito. L’immagine moderata che Meloni ha coltivato con attenzione per anni non sempre sembra essere stata comunicata alla base del movimento.

Opinioni
Anomalia italiana

“L’Italia ha un problema cronico d’instabilità politica”, scrive El País. “Negli ultimi 76 anni ha avuto 67 governi. E negli ultimi venti Silvio Berlusconi è stato l’unico presidente del consiglio capace di rimanere in carica per più di due anni di seguito. Come mai nel paese è così difficile governare?”. Il corrispondente da Roma del quotidiano spagnolo, Daniel Verdú, spiega che “oltre a una legge elettorale che favorisce le coalizioni ma non singoli partiti e a un sistema bicamerale perfetto creato dopo la fine del fascismo per evitare l’ascesa del totalitarismo, c’è un altro problema endemico della politica italiana: il “transfughismo”. Secondo Verdú è questa una delle principali cause dell’instabilità politica del paese, “aggravata dalla mancanza di disapprovazione e sanzioni per chi in parlamento cambia casacca”. Nonostante questo, continua Verdù, “in Italia la mappa molto complessa dei partiti, delle piattaforme e dei blocchi non impedisce che si formino governi, data la grande capacità di raggiungere accordi di coalizione. Il problema, di solito, sorge dentro le coalizioni, com’è successo all’esecutivo guidato da Mario Draghi, caduto a causa degli attriti e dei malumori manifestati dal Movimento 5 stelle”. Su Politico gli analisti Tommaso Grossi e Francesco De Angelis mettono a fuoco un’altra caratteristica della politica italiana. “Lo storico Donald Sassoon”, scrivono, “aveva definito la presunta immaturità politica lamentata da esperti e intellettuali ‘l’anomalia italiana’. I problemi che il paese deve affrontare sono spesso identificati come parte di questo eccezionalismo, che impedisce all’Italia di funzionare come altre democrazie occidentali e spiega anche la sua storica predilezione per un leader forte”. Le debolezze istituzionali, aggravate da una legge elettorale che impedisce maggioranze solide in parlamento, hanno definito un’altra carattersitica: il ricorso a lea­der tecnici in tempi difficili, a spese del patto che nelle democrazie dovrebbe legare governanti e governati. ◆


Oltretutto l’Italia è un paese segnato per decenni da guerre della memoria, spesso intorno a monumenti legati alla seconda guerra mondiale e alle rivolte degli anni settanta. È chiaro che la riabilitazione di quel passato, l’idea che “Mussolini ha fatto molte cose buone”, riacquisterà credito se Meloni diventerà capo del governo. Probabilmente però è Salvini il personaggio più pericoloso. Il suo mandato da ministro dell’interno è stato segnato da una politica caotica sui flussi migratori, con il divieto illegale di attracco nei porti italiani imposto alle imbarcazioni di migranti. In qualsiasi nuovo governo è probabile che il leader leghista avrà un ruolo importante.

Dopo l’invasione dell’Ucraina, sia Salvini sia Meloni hanno fatto rapidamente marcia indietro sui loro legami con Mosca e sul sostegno che in passato avevano manifestato al presidente russo Vladimir Putin. Nonostante questo, la politica estera italiana promette di essere molto più morbida nei confronti del Cremlino dopo le elezioni. Nel corso della crisi ucraina, Berlusconi ha invece continuato a farsi portavoce del suo vecchio amico Putin. È facile liquidare l’ex presidente del consiglio come un personaggio da barzelletta, ma la sua influenza continua a pesare.

La democrazia italiana sopravviverà a Meloni e l’Italia resterà nell’Unione europea e nell’eurozona, ma potrebbe riportare gravi danni, soprattutto se la bellissima costituzione antifascista italiana sarà modificata. Meloni ha detto di volere l’elezione diretta del presidente della repubblica. Nessuno sa quali saranno gli effetti del drastico taglio dei parlamentari (approvato in nome di una populista “riduzione dei costi della politica”) sul sistema italiano, ma con ogni probabilità si avrà un parlamento molto più conservatore, a maggioranza maschile e vecchio.

In Europa nascerà una nuova coalizione tra l’Italia, l’Ungheria e la Polonia, con forti legami con le idee e gli slogan degli Stati Uniti di Donald Trump. Meloni e Salvini non hanno risposte per l’infinita crisi economica dell’Italia, a parte incolpare l’Europa, i migranti, i banchieri e Soros. Le loro proposte di flat tax (un’imposta sul reddito ad aliquota unica) con ogni probabilità peggioreranno le cose. Giorni più bui attendono l’Italia, dopo le rovine e le divisioni provocate dalla pandemia, i cui effetti si fanno ancora sentire. La decisione di Meloni di restare fuori dalla coalizione guidata da Draghi le frutterà un ricco raccolto. Ha coltivato con cura l’immagine di madre e patriota. Da quando Berlusconi ha sdoganato politicamente l’estrema destra negli anni novanta, molti ex fascisti sono diventati ministri. Ma la carica più alta non era mai stata occupata da qualcuno proveniente da quella tradizione. Almeno fino a oggi. ◆ gim

John Foot insegna storia italiana all’università di Bristol, nel Regno Unito. Il suo ultimo libro pubblicato in italiano è L’Italia e le sue storie 1945-2019 (Laterza 2019).

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1474 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati