Il profitto prima di tutto

Drew Angerer, Reuters/Contrasto

Facebook mette il profitto davanti a tutto, compresa la salute dei suoi utenti. L’accusa è stata lanciata da un’ex dipendente del social network, Frances Haugen (nella foto), 37 anni, che ha fatto arrivare migliaia di documenti interni dell’azienda fondata da Mark Zuckerberg al Wall Street Journal e alle autorità inquirenti degli Stati Uniti. Secondo Haugen, che ha lavorato a Face­book tra il 2019 e il maggio 2021, questi documenti dimostrano che il social network mente consapevolmente quando sostiene di aver fatto progressi significativi per bloccare i contenuti violenti e la disinformazione sulla sua piattaforma. Haugen faceva parte di un’unità che controllava i contenuti: il gruppo ha funzionato bene durante la campagna per le ultime elezioni presidenziali statunitensi, ma subito dopo è stato smantellato. Tra le rivelazioni più scottanti c’è quella secondo cui Facebook era al corrente dei danni causati da Instagram al benessere psicofisico degli utenti: da uno studio interno è emerso che usando l’app il 30 per cento delle adolescenti si sente a disagio con il proprio corpo, cosa che può portare a disturbi dell’alimentazione e depressione. Con queste rivelazioni Facebook va probabilmente incontro alla sua peggiore crisi dopo quella dello scandalo Cam­bridge Analytica, l’azienda britannica che nel 2016 usò i dati degli utenti di Face­book per realizzare spot personalizzati a favore della Brexit e della candidatura di Donald Trump alla Casa Bianca. ◆

Solo prodotti costosi

Schaumburg, Stati Uniti (Scott Olson, Getty Images)

“Dal momento che la crisi globale delle forniture sta mettendo in difficoltà le attività manifatturiere e le spedizioni, molte aziende scelgono di privilegiare i loro prodotti più redditizi, e in alcuni casi rendono quelli più economici difficili o addirittura impossibili da trovare”, scrive il Wall Street Journal. “Le case automobilistiche e altri produttori stanno concentrando le limitate quantità di componenti a disposizione sui modelli che garantiscono entrate più alte”. Una mossa che permette di assorbire meglio i maggiori costi delle materie prime e delle spedizioni. Questa è la spiegazione data per esempio dalla Whirlpool, un’azienda che produce lavatrici, e da altri produttori di elettrodomestici. La General Motors ha bloccato la produzione della Chevrolet Malibu, un modello di fascia media, concentrandosi sulla fabbricazione dei suv più costosi. A settembre il prezzo medio di un veicolo negli Stati Uniti è stato di 42.800 dollari, il 19 per cento in più rispetto a quello dello stesso mese del 2020. ◆

Avanti con il carbone

Il 1 ottobre la China energy investment, la principale organizzazione cinese di aziende che estraggono carbone, si è impegnata ad aumentare la produzione per aiutare il paese a superare la crisi energetica, che sta mettendo in difficoltà sia i cittadini sia le aziende e rischia di peggiorare con l’arrivo dell’inverno. In Cina, spiega il Financial Times, le centrali alimentate a carbone garantiscono il 70 per cento circa del fabbisogno nazionale di elettricità. Il paese asiatico non riesce a soddisfare la domanda (aumentata del 15 per cento nell’ultimo anno) a causa dei maggiori vincoli alla produzione introdotti per ridurre le emissioni di anidride carbonica.

Scarso successo

Finora dall’estero solo 127 camionisti hanno risposto all’offerta del governo britannico di visti temporanei per far fronte alla carenza di carburante che ha messo in ginocchio il paese, scrive la Bbc. Londra aveva messo a disposizione fino a cinquemila visti per avere più autisti in grado di trasportare la benzina nelle stazioni di servizio.

Licenziamenti ingiusti

Il 29 settembre Amazon ha raggiunto un’intesa per chiudere un’azione legale avviata dal sindacato United food and commercial workers union, che accusa il colosso del commercio online di aver licenziato ingiustamente due dipendenti, Emily Cunningham e Maren Costa. Secondo il National labor relations board (Nlrb, un’agenzia governativa che si occupa di relazioni sindacali), citato dal Washington Post, le due lavoratrici erano state licenziate nell’aprile 2020 per “la loro lotta a favore dei colleghi che operavano in condizioni di sicurezza precarie”. Cunningham e Costa, inoltre, avevano criticato pubblicamente Amazon per lo scarso impegno che stava mostrando sulle tematiche ambientali.

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1430 - 8 ottobre 2021
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