Nel 1954 il giovane sceneggiatore statunitense Reginald Rose fu chiamato a far parte di una giuria, a New York. Per il resto della sua vita raccontò come aveva contribuito a evitare che un innocente fosse condannato per omicidio. Appena uscito dal tribunale Rose scrisse La parola ai giurati. Phil Rosenzweig in Reginald Rose and the journey of 12 angry men, racconta una storia un po’ diversa. Scavando negli archivi giudiziari non ha trovato traccia di un giurato di nome Rose in casi simili a quello descritto nella sceneggiatura. Eppure qualcosa l’aveva ispirato. Rosenzweig conclude che forse Rose rifiutò di far parte della giuria, ma seguì comunque il processo. Poi si concentra sul film di Sidney Lumet, con Henry Fonda. La parola ai giurati, nonostante un iniziale insuccesso, è considerato, insieme a Il buio oltre la siepe e Morte di un commesso viaggiatore, uno dei film cardine, una pietra miliare, sul senso civico di una nazione. Nella società statunitense non c’è più molto di sacro, ma le giurie popolari sono ancora uno dei suoi punti fermi.
The Economist

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Questo articolo è uscito sul numero 1430 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati