Crescono le proteste

Istanbul, Turchia, 12 dicembre 2021 (Murad Sezer, Reuters/Contrasto)

Il 12 dicembre a Istanbul più di diecimila persone hanno manifestato contro il forte rincaro dei generi alimentari causato dalla svalutazione della lira turca. I manifestanti hanno chiesto un netto adeguamento del salario minimo e un cambio di rotta nella politica economica del governo. Lo stesso giorno migliaia di persone sono scese in piazza anche nella capitale Ankara, scrive Die Tageszeitung. Il sindacato Disk, tra gli organizzatori delle proteste insieme ad alcuni movimenti studenteschi, ha sottolineato che sempre più spesso i turchi s’impoveriscono anche se hanno un lavoro. Intanto il crollo della lira turca non si ferma: il 13 dicembre, scrive il Financial Times, la valuta ha perso un ulteriore 5 per cento, superando la soglia delle 14 lire nei confronti del dollaro statunitense. Dall’inizio di settembre, da quando il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha imposto una serie di tagli al costo del denaro convinto che non potessero far salire l’inflazione, la lira si è svalutata del 40 per cento. ◆

Odissea nell’oceano

REUTERS/Contrasto

Tra la fine di ottobre e la fine di novembre l’Haj Abdullah, una nave mercantile di proprietà libanese ma battente bandiera della Sierra Leone, è rimasta bloccata nelle acque davanti alla Somalia a causa di un guasto provocato da una tempesta. L’imbarcazione viaggiava dal golfo Persico alla Tanzania con un carico di zolfo da 750mila dollari. L’equipaggio, composto da marinai libanesi, egiziani e siriani, ha inviato ripetute richieste d’aiuto a un’agenzia di Cipro incaricata di occuparsi della nave dalle autorità marittime della Sierra Leone. Gli uomini a bordo chiedevano un intervento per riparare lo scafo, ma già da settembre si erano rivolti alle autorità perché non ricevevano più lo stipendio. Alla fine l’imbarcazione è stata riparata ed è riuscita ad arrivare nel porto di Dar es Salaam, in Tanzania, dove ha potuto scaricare lo zolfo. Ma i marinai non hanno ancora ricevuto tutti i loro soldi e ormai da mesi sono a bordo e a corto di viveri. Il caso dell’Haj Abdullah, scrive il Wall Street Journal, spiega bene un problema del trasporto marittimo, un settore da cui dipende il 90 per cento del commercio mondiale: il crescente numero di navi abbandonate dai proprietari. Oggi più di mille marinai sono bloccati sulle loro imbarcazioni senza retribuzione e con pochi viveri. Le navi abbandonate, inoltre, sono spesso sotto la giurisdizione di piccoli paesi, come la Sierra Leone o la Liberia, scelti perché impongono meno tasse ma soprattutto perché non fanno controlli rigorosi sull’attività dei proprietari. ◆

La crisi degli anacardi

Le aziende della Costa d’Avorio che commerciano anacardi sono sull’orlo del fallimento a causa della concorrenza cinese, che compra tutto il raccolto dai coltivatori locali vanificando i piani del governo per rilanciare il settore, scrive la Reuters. “Negli ultimi due anni cinque aziende sono fallite, mentre altre quattro sono in crisi”. I cinesi comprano i raccolti a prezzi più alti di quelli garantiti dalle aziende ivoriane, che quindi sono tagliate fuori dal mercato. La Costa d’Avorio produce circa un milione di tonnellate di anacardi all’anno e punta a lavorarne la metà a livello locale entro il 2025. Oggi, però, solo 25mila tonnellate sono lavorate da aziende ivoriane.

Sostanze pericolose

Un gruppo di 23 fondi d’investimento che gestisce 4.100 miliardi di dollari ha inviato una lettera alle principali cinquanta aziende chimiche mondiali chiedendogli di mettere fuori produzione le sostanze più dannose per l’ambiente e la salute delle persone, scrive la Reuters. A causa di questi prodotti, dicono, le aziende rischiano perdite ingenti.

Bollette mai viste prima

L’11 dicembre il primo ministro norvegese Jonas Gahr Støre ha presentato un pacchetto d’aiuti per le famiglie messe in difficoltà dall’aumento del prezzo dell’energia elettrica. Come spiega Die Tageszeitung, il governo di Oslo si è impegnato a pagare metà della bolletta quando il prezzo dell’elettricità supera i settanta centesimi di corona (circa sette centesimi di euro) al chilowattora. “Finora”, scrive il quotidiano tedesco, “le crisi energetiche erano sconosciute nel paese scandinavo, che ha sempre avuto prezzi bassi grazie all’energia idroelettrica. Il 10 dicembre, però, i norvegesi hanno appreso che a novembre il prezzo dell’elettricità è aumentato del 123,5 per cento rispetto allo stesso mese del 2020.

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1440 - 17 dicembre 2021
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