I guai del ministro

Tel Aviv, 21 gennaio 2023 (picture-alliance/dpa/Ap/Lapresse)

Il primo ministro Benjamin Netanyahu il 22 gennaio ha destituito il ministro dell’interno e della salute Arye Deri, leader del partito ultraortodosso Shas. Il 18 gennaio la corte suprema aveva invalidato la nomina di Deri, che all’inizio del 2022 si era impegnato a ritirarsi dalla politica dopo una condanna per frode fiscale. Deri ha però chiarito che non lascerà la vita pubblica e manterrà la guida del partito, spiega il Times of Israel. Il 24 gennaio lo Shas ha annunciato che due suoi esponenti, Michael Malkieli e Yoav Ben Tzur, saranno rispettivamente ministri ad interim dell’interno e della salute. Il primo è già ministro dei servizi religiosi, il secondo del welfare e degli affari sociali. Il quotidiano Haaretz ripercorre i guai giudiziari di Deri. Condannato a tre anni di carcere nel 1999 perché ritenuto colpevole di frode e di aver preso tangenti mentre era ministro dell’interno, era stato rilasciato dopo ventidue mesi ed era rientrato in parlamento nel 2013. Nel gennaio 2022 aveva patteggiato in tribunale: si era riconosciuto colpevole di evasione fiscale e in cambio aveva ricevuto la sospensione della condanna a un anno di carcere. Inoltre, si era dimesso da deputato, evitando in questo modo di essere giudicato anche per il reato di condotta immorale, per il quale rischiava di essere escluso per sette anni da ogni incarico di governo. In seguito alle elezioni dello scorso novembre Deri è rientrato in parlamento. Un mese dopo, proprio la knesset ha votato una legge che autorizza una persona ritenuta colpevole di un reato a svolgere il ruolo di ministro se la sua condanna è stata sospesa. La vicenda s’inserisce in un momento di forti tensioni tra il governo e la corte suprema a causa della riforma presentata dal ministro della giustizia, che mira a indebolire i poteri del tribunale. Contro il progetto il 21 gennaio più di centomila israeliani sono scesi in piazza a Tel Aviv e in altre città del paese. ◆

Esercitazioni contestate

Pretoria, 23 gennaio 2023 (Phill Magakoe, Afp/Getty)

A febbraio il Sudafrica terrà delle esercitazioni navali con Russia e Cina. La notizia è stata confermata durante la visita a Pretoria del ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ( nella foto, con la ministra Naledi Pandor ). Il Sudafrica ha giustificato la scelta parlando dei legami di amicizia con Mosca. Ma alcuni giornalisti, come J Brooks Spector del Daily Maverick, hanno definito la decisione “oscena” perché le esercitazioni coincidono con l’anniversario della guerra in Ucraina: s’infrange così l’immagine di neutralità del paese.

Parigi deve ritirare i soldati

Le autorità del Burkina Faso hanno annunciato il 20 gennaio la liberazione di 66 donne e bambini che erano stati sequestrati da presunti jihadisti la settimana prima. Negli stessi giorni le autorità di Ouagadougou hanno chiesto alla Francia di ritirare entro un mese le truppe mandate nel paese per la lotta contro il terrorismo jihadista. “L’ondata anticolonialista cominciata in Mali ha il suo seguito in Burkina Faso”, scrive il quotidiano locale Le Pays. “La partenza dei soldati francesi sarà un sollievo per alcuni, ma la maggior parte dei burkinabé l’accoglierà con indifferenza”.

Senza scampo

Yaoundé, 23 gennaio 2023 (Daniel Beloumou Olomo, Afp/Getty)

In Ruanda il 20 gennaio è morto in un incidente stradale John Williams Ntwali, direttore del giornale The Chronicles, molto critico verso il governo. Secondo Human rights watch le circostanze della sua morte sono sospette.
In Eswatini il 21 gennaio il politico e difensore dei diritti umani Thulani Maseko è stato ucciso da sicari che gli hanno sparato attraverso la finestra della sua casa. Poche ore prima il re Mswati III aveva minacciato pubblicamente gli attivisti dissidenti.
Il 22 gennaio a Yaoundé, in Camerun, è stato ritrovato il corpo mutilato di Martinez Zogo ( nella foto, un suo ritratto ), direttore della radio Amplitude. I colleghi chiedono giustizia per Zogo, che aveva denunciato illeciti nella gestione dei fondi pubblici.

Libano Il giudice Tarek Bitar, che indaga sull’esplosione al porto di Beirut del 4 agosto 2020, ha incriminato il 24 gennaio il procuratore generale Ghassan Oweidat, l’ex primo ministro Hassan Diab e altri importanti funzionari, accusati di essere coinvolti nel disastro che ha ucciso più di duecento persone e ne ha ferite migliaia. L’inchiesta è rimasta bloccata per tredici mesi a causa di ostacoli legali e pressioni politiche, ma il 23 gennaio Bitar è riuscito a riprendere il suo lavoro. Due giorni dopo il procuratore Oweidat ha deciso di perseguire Bitar.

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1496 - 27 gennaio 2023
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