Il mare ha continuato a restituire cadaveri. Il 12 marzo sulla spiaggia di Steccato di Cutro, in Calabria, è stata identificata la settantanovesima vittima. Un bambino che era a bordo dell’imbarcazione affondata vicino alla costa il 26 febbraio (al 15 marzo i morti accertati sono 86). In Italia non si attenuano le polemiche contro il governo di Giorgia Meloni, ritenuto incapace di prevenire la tragedia. Per questo il 9 marzo, alcuni abitanti di Steccato di Cutro hanno lanciato dei peluche contro le auto dei componenti del governo arrivati nella cittadina calabra per un consiglio dei ministri straordinario. In quella occasione è stato annunciato un nuovo decreto sui flussi migratori. “Questo governo andrà a cercare gli scafisti su tutto il globo terracqueo”, ha detto Meloni davanti ai giornalisti.

Il provvedimento prevede pene fino a trent’anni per i cosiddetti scafisti e rende più veloci i decreti di espulsione. Il testo però non affronta la questione al centro del dibattito che sta agitando l’Italia dopo la tragedia di Steccato di Cutro: le operazioni di salvataggio in mare. “I due grandi temi, i soccorsi in mare e la possibilità di aprire corridoi umanitari sicuri, sono assenti dall’ultimo decreto”, afferma Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà (Ics), una ong di Trieste che sostiene i richiedenti asilo. “Il governo dimostra una totale indifferenza su questi problemi”.

Il governo deve chiarire

Più di quaranta associazioni, tra cui Medici senza frontiere, Sos Méditerranée, Emergency e l’Ics hanno depositato al tribunale di Crotone un esposto contro il governo, chiedendo chiarimenti su quello che non ha funzionato e che ha portato al naufragio. Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio due motoscafi della guardia di finanza avevano lasciato la riva per raggiungere l’imbarcazione, ma erano tornati indietro a causa delle pessime condizioni del mare. Un aereo di Frontex (l’agenzia dell’Unione europea per il controllo delle frontiere esterne) aveva segnalato un’imbarcazione in difficoltà. A quel punto sarebbe dovuta intervenire la guardia costiera per un’operazione di salvataggio in mare con mezzi più adatti rispetto a quelli della guardia di finanza. “È un grave errore considerare le operazioni di soccorso come delle operazioni di polizia”, afferma l’ammiraglio Vittorio Alessandro, ex portavoce della guardia costiera italiana.

Esperti di soccorso dei migranti e marinai pensano che il naufragio di Steccato di Cutro si sarebbe potuto evitare se non ci fossero stati i decreti adottati nel 2018 e nel 2019 su pressione del leader della Lega Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’interno del governo presieduto da Giuseppe Conte. Norme che mettono al centro la sicurezza, trasformando così le operazioni di ricerca e soccorso in mare (Sar) in “eventi migratori”.

La missione principale della guardia costiera italiana, salvare le vite in mare, non è cambiata ma è sempre meno visibile. Nel 2018 è stata sospesa la pubblicazione del rapporto annuale sui salvataggi in mare. Nel 2019 si è cominciato a usare la terminologia delle forze dell’ordine e le operazioni di polizia hanno sostituito progressivamente quelle di soccorso.

“In questi ultimi anni è cambiata la dinamica del salvataggio”, spiega Vittorio Alessandro. “Prima l’ipotesi di pericolo era sistematicamente tenuta in considerazione prima di inviare una nave di soccorso. Oggi non sempre è così”. Secondo l’ammiraglio, il naufragio di Steccato di Cutro dimostra l’urgenza di ridare massima libertà d’azione alla guardia costiera, senza vincoli amministrativi. “I soccorsi sono sempre stati il nostro pane quotidiano”.

Il clima attuale sulla questione migratoria è “molto preoccupante”, afferma Gianfranco Schiavone, dell’Ics. Secondo lui, le pressioni della politica sul soccorso in mare non sono mai state così forti: “Il futuro è buio, ci sono tutte le condizioni perché si verifichino nuove tragedie”, avverte. E intanto i migranti continuano ad arrivare in condizioni difficili.

Il 10 marzo, con il mare mosso, sono state soccorse 1.300 persone nelle acque a sud di Crotone. Erano ammassate su tre imbarcazioni di fortuna. Sono stati usati almeno cinque motoscafi e tre navi della guardia costiera. Il 12 marzo una trentina di migranti sono stati dichiarati dispersi dopo il naufragio della loro imbarcazione al largo della Libia, fuori dalla zona di ricerca e soccorso italiana. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1503 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati