Il servizio sanitario nazionale britannico (Nhs) e quelli di altri paesi nel mondo sono in crisi. I governi hanno permesso che le loro condizioni peggiorassero per anni, al punto che ormai molti intravedono l’opportunità di trasformarli in fonti di profitto. Pensando alla sanità privata, la prima cosa che viene in mente è l’erogazione di servizi in cambio di un guadagno, a carico del sistema pubblico o dei pazienti. Oggi però stanno nascendo nuove pratiche. I politici le definiscono “innovazioni”, anche se rappresentano un ritorno a quello da cui stavamo cercando di liberarci, costruendo un sistema sanitario gratuito per gli utenti.

Per anni nella sanità britannica il problema più diffuso è stato l’esternalizzazione. Si è subappaltato di tutto, dall’assistenza alle pulizie, fino all’amministrazione. Una conseguenza è che oggi alcuni guadagnano troppo poco e altri hanno perso il lavoro. Secondo uno studio dell’università di Oxford, questa situazione ha provocato centinaia di morti che si sarebbero potuti evitare. E i problemi non finiscono qui. Le nuove tecnologie sono spesso presentate come soluzioni che permetteranno ai medici e agli infermieri di fare di più con meno sforzi. Purtroppo l’adozione di strumenti digitali creati dalle aziende private può avere anche conseguenze gravi.

Se i sistemi sanitari hanno intenzione di adottare tecnologie digitali nella speranza di poter compensare la mancanza di medici o infermieri, sono destinati a un’amara delusione

Un esempio è la Babylon health, un fornitore di servizi digitali per gli ospedali. Nel 2016 ha aperto l’ambulatorio di medicina di base Gp at hand, che nel tempo ha accolto 115mila pazienti a Londra, dieci volte di più rispetto alla media degli altri ambulatori, con la promessa di brevi tempi d’attesa per video­appuntamenti e un chatbot che grazie all’intelligenza artificiale fa una prima valutazione dei sintomi. Non solo il chatbot si è rivelato in alcuni casi molto impreciso, ma il sistema nel suo complesso ha danneggiato l’Nhs perché ha privilegiato i pazienti più giovani (e redditizi) e ha lasciato quelli con esigenze più complesse alle altre strutture. Secondo i dati dell’Nhs, solo l’1,5 per cento dei pazienti della Gp at hand aveva più di sessant’anni, rispetto al 23 per cento che si registra di solito.

Le aziende private sono anche interessate ad accedere ai dati della sanità pubblica. DeepMind, un centro di ricerca britannico di proprietà di Google dedicato all’intelligenza artificiale, è stato denunciato perché ha avuto accesso in modo non autorizzato ai dati dei pazienti. L’azienda di analisi dei dati Palantir ha fatto anche di peggio: sostenuta dall’imprenditore Peter Thiel, che ha descritto l’attaccamento dei britannici all’Nhs come una sorta di “sindrome di Stoccolma”, la Palantir ha ottenuto un contratto da 23 milioni di sterline (26,8 milioni di euro) per lavorare con l’Nhs durante la pandemia, e di recente un altro di 11,5 milioni di sterline (13,4 milioni di euro). Ora sta puntando a ottenerne uno ancora più importante per costruire una piattaforma per la gestione dei dati che sarà centrale per le operazioni dell’Nhs anche in futuro. La Palantir vede un’enorme opportunità di profitto nella tendenza dell’Nhs a esternalizzare le sue tecnologie invece di svilupparle internamente. Secondo un articolo di Bloom­berg, la Palantir ha fatto in modo che il gruppo di pressione TechUk spingesse alcune agenzie governative a comprare tecnologie commerciali invece di svilupparne su misura.

L’esternalizzazione della tecnologia erode la capacità del settore pubblico non solo di sviluppare degli strumenti digitali, ma anche di valutare le potenzialità di quelli offerti da aziende esterne. Questo è un problema serio, perché sappiamo che l’industria tecnologica ha una lunga storia di promesse eccessivamente ottimiste su come i suoi prodotti miglioreranno la vita delle persone. Se l’Nhs o qualsiasi altro sistema sanitario hanno intenzione di adottare tecnologie digitali nella speranza di compensare così la mancanza di medici o infermieri, sono destinati a un’amara delusione. Nelle prime fasi della pandemia, le aziende e i sistemi sanitari hanno adottato strumenti digitali di tracciamento dei contatti e altri dispositivi che usavano l’intelligenza artificiale. Da una serie di ricerche è tuttavia emerso che questi strumenti sono stati inutili e in alcuni casi pericolosi.

La conclusione non è che l’Nhs deve evitare di adottare nuove tecnologie, ma che deve mantenere un certo realismo su quello che spera di ricavarne. Prima di ogni altra cosa le tecnologie devono essere utili alle persone, non rappresentare una voce nei bilanci delle aziende.

I problemi dei nostri sistemi sanitari non derivano dalla mancanza di tecnologie, ma dall’austerità economica a cui sono stati a lungo sottoposti e che li ha lasciati senza il personale e le risorse necessarie a garantire le cure di qualità che tutti giustamente si aspettano. I lavoratori fanno del loro meglio. È il governo che li sta tradendo. E le nuove tecnologie non basteranno a cambiare le cose. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1519 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati