Le piattaforme digitali hanno dominato gli anni dieci del duemila, soffocando concorrenza e innovazione con i loro monopoli: a Google, Apple, Meta e Amazon sono andati profitti colossali; agli utenti i costi (in termini di rinuncia alla privacy e ai propri dati). La tecnologia decisiva degli anni venti è l’intelligenza artificiale, ma nei mesi trascorsi da quando la OpenAi ha presentato ChatGpt la rivoluzione si è già ridotta a un’offerta di servizi costosi. Negli Stati Uniti la Casa Bianca ha emanato un decreto con le regole che la OpenAi si augurava: oneri burocratici, cooperazione con il governo, costosi standard da rispettare. Tradotto: meno concorrenza futura per lei e per il suo primo investitore, la Microsoft.

La OpenAi prova a costruire l’equivalente dell’Apple store per controllare gli sviluppi commerciali della propria tecnologia e neutralizzare in anticipo i potenziali concorrenti. Intanto la Microsoft trasforma l’intelligenza artificiale per la programmazione Copilot in un servizio in abbonamento da trenta dollari al mese a utente, una tassa aggiuntiva per chi deve già usare i software del pacchetto Office per lavorare. Almeno i social network ci davano l’illusione di essere gratuiti. Nell’età dell’intelligenza artificiale tutto si paga. E caro. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1538 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati