Borjana Gerasimova getta uno sguardo nel caffè al centro di Sofia dove ci siamo dati appuntamento. “Qui è piuttosto pieno. I dati dei contagi non sono buoni in Bulgaria”, dice. Poi aggiunge un po’ incerta: “Niente in contrario se ci sediamo dentro lo stesso?”. Ha passato tutto il giorno connessa a una conferenza online e comunque trascorre sempre molto tempo da sola davanti a uno schermo. “Ogni tanto fa bene stare in mezzo alla gente”. Gerasimova, 39 anni, è in un periodo di lavoro intenso, perché sta fondando un’azienda, la Re:Gena, che svilupperà un software in grado d’interpretare i complessi dati dei test genetici. È un prodotto studiato per le aziende sanitarie. Re:Gena è la seconda startup fondata da Gerasimova. Anche la prima, la NutriGen, aveva a che fare con i test genetici: sulla base dei risultati, il suo software dava consigli alle persone sull’alimentazione e sui cambiamenti che dovevano introdurre nelle loro vite. Ora, dopo essere sopravvissuta a un tumore, Gerasimova vuole aiutare le persone a conoscere di più le loro predisposizioni genetiche. La NutriGen andava bene, ma poi sono sorti dei contrasti tra i soci e Gerasimova, l’unica donna nel gruppo dei dirigenti, è stata allontanata. Per questo ora si fida solo di se stessa, dice. Per finanziare la Re:Gen, sta lavorando come informatica freelance.

L’industria informatica è la maggiore storia di successo dell’economia bulgara. Questo settore e quello delle telecomunicazioni danno lavoro a centomila persone, di cui quarantamila solo nello sviluppo di software. La maggior parte delle aziende si trova a Sofia, e in un campo tradizionalmente dominato dagli uomini le donne giocano un ruolo significativo. Secondo l’Eurostat, sono il 28,2 per cento delle persone impiegate nell’informatica in Bulgaria. È la percentuale più alta d’Europa. In Svizzera le informatiche sono il 16,3 per cento, in Germania il 17,5. “Per me il dato è ancora troppo basso. Ma è bello per una volta trovarsi in cima a una statistica positiva”, dice Aleksandra Metkova. La Bulgaria è il paese più povero dell’Unione europea e in tempi di pandemia sta facendo parlare di sé per l’alto numero di morti e la quota più bassa di vaccinazioni di tutta l’Unione. Metkova dirige la Telerik academy di Sofia, un centro di formazione per programmatori e informatici aperto dall’omonima azienda che sviluppa soft­ware. La Telerik è stata la prima startup tecnologica bulgara ad arrivare in borsa e ha dato un forte impulso a tutto il settore. Le donne sono il 30 per cento degli iscritti all’accademia, dice Metkova. “Il loro numero crescerà ancora, perché il settore è in espansione”. All’inizio, la scena informatica bulgara viveva soprattutto del lavoro di programmazione svolto per altri. Oggi sono sempre di più le startup che offrono soluzioni informatiche ai problemi sanitari o ambientali del paese. Il programma di Gerasimova per l’analisi dei test genetici è solo un esempio. È in questo ambito che le donne sono più presenti, osserva Metkova.

Licei e università

Ma perché in Bulgaria ci sono così tante ragazze entusiaste dell’informatica? Le esperte del settore se lo spiegano tutte con il ruolo tradizionalmente importante che le tecnologie informatiche hanno nel paese, dove oggi ci sono duecento licei e quindici università con indirizzo tecnologico. Già in epoca socialista erano molte le donne con mansioni professionali tecniche, dice Metkova. “Le nostre madri erano ingegnere e fisiche. Non sono mancati i modelli femminili in ambito scientifico”. È il caso di Sasha Besuchanova, 59 anni, che negli anni ottanta ha lavorato come ricercatrice nell’istituto d’informatica di Sofia. Dopo la caduta del muro di Berlino, ha ricoperto per vent’anni un ruolo da dirigente alla Hewlett-Packard. Negli anni novanta l’azienda statunitense aveva scoperto Sofia come meta ideale per esternalizzare alcune attività, dando un contributo decisivo allo sviluppo del settore tecnologico bulgaro.

Oggi Besuchanova si dedica alla ricerca di talenti. “Ma c’è ancora molto da fare”, dice. Tra i fondatori delle nuove aziende informatiche bulgare c’è solo una donna ogni nove uomini. Dipende anche dalle aspettative sociali: al momento dell’assunzione, di solito le donne chiedono tra le condizioni contrattuali orari di lavoro più flessibili, perché a un certo punto entra in gioco il desiderio di mettere su famiglia. Inoltre, un lungo periodo di lontananza dal lavoro, come il congedo per maternità, rischia di far perdere di vista gli ultimi sviluppi tecnologici.

Comunque è importante che le donne si sostengano a vicenda. Besuchanova ha lanciato un programma di sostegno che prepara le ragazze all’avvio di un’azienda e promuove diverse altre iniziative a favore delle donne nel mondo degli affari. “I ragazzi hanno già i loro club dove possono costruire reti e scambiarsi consigli”.

Besuchanova ha trasmesso lo spirito imprenditoriale a sua figlia. Quattro anni fa Lubomila Jordanova ha fondato a Berlino Plan A, un’azienda che offre soluzioni informatiche per calcolare e ridurre le emissioni di anidride carbonica. In Germania non conosce altre donne che abbiano fondato una startup deep-tech, come sono chiamate le aziende che svolgono un lungo lavoro di ricerca per sviluppare soluzioni informatiche innovative. La Bulgaria è un po’ più avanti, dice Jordanova. Ma, in generale, le sfide per le imprenditrici sono simili ovunque. Soprattutto quando si parla di finanziamenti, le donne incontrano più ostacoli. Secondo Atomico, una società d’investimenti specializzata in startup tecnologiche, nel 2020 in Europa le aziende fondate da sole donne hanno ottenuto appena l’1,7 per cento dei finanziamenti nel capitale di rischio. “Il fatto che le investitrici siano pochissime gioca sicuramente un ruolo”, spiega Jordanova, che tuttavia non è sicura che una “quota rosa” possa migliorare le cose. Secondo lei, con misure simili il rischio di distorsioni del mercato è alto. È chiaro, però, che lo status quo non va bene.

Metkova è convinta che il settore, almeno in Bulgaria, sarà sempre più nelle mani delle donne, se non altro a causa della carenza di lavoratori qualificati. “Qui l’industria informatica cresce quasi del 20 per cento all’anno. Probabilmente entro il 2030 varrà il 10 per cento del pil bulgaro”. Alcune aziende del settore stanno investendo negli asili nido per diventare più attraenti agli occhi dei giovani genitori, e in particolare delle donne. “Senza di noi”, conclude Metkova, “non si va da nessuna parte”. ◆ nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1436 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati