29 luglio 2016 19:22
Sostenitori di Recep Tayyip Erdoğan manifestano a Istanbul, il 15 luglio 2016. (Halit Onur Sandal, Afp)

Il 29 luglio il ministro dell’interno turco Efkan Ala ha dichiarato che, dal 15 luglio, sono state arrestate 18mila persone in Turchia. Tra queste, 9,677 persone sono state incriminate, mentre le altre sono state arrestate senza nessuna accusa formale a loro carico. In seguito al tentato colpo di stato del 15 luglio, in cui sono morte circa 290 persone e ne sono state ferite duemila, il governo turco ha lanciato una durissima repressione con arresti di massa, licenziamenti, epurazioni, fino alla chiusura di tv, radio e giornali. I paesi europei hanno criticato le violazioni dei diritti umani praticate dal governo turco e hanno richiamato il presidente Recep Tayyip Erdoğan, che hanno appoggiato durante il colpo di stato. Ecco le tappe principali della repressione:

  • Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha indicato come principale responsabile del golpe Fethullah Gülen, 75 anni, fondatore del movimento islamico Hizmet. Gülen, un religioso che vive in esilio negli Stati Uniti, è da tempo il principale avversario di Erdoğan, anche se lo ha sostenuto all’inizio della sua carriera politica nel Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp). Il governo turco considera Hizmet un gruppo terroristico e persegue i suoi seguaci, anche per questo dal 1999 il religioso turco vive in esilio in Pennsylvania. Subito dopo il golpe, Erdoğan ha chiesto l’estradizione di Gülen al governo statunitense. Il religioso tuttavia ha sempre negato di essere l’ideatore del colpo di stato e ha detto di sentirsi al sicuro negli Stati Uniti, perché non ci sono accuse fondate contro di lui, che possano giustificare l’estradizione.
  • Subito dopo il golpe, Erdoğan ha dichiarato che si è trattato di un “regalo di Dio”, che gli avrebbe permesso di epurare l’esercito. Diecimila soldati sono stati arrestati e 1.700 militari sono stati licenziati. Le purghe hanno colpito anche i vertici dell’esercito, il secondo più grande tra quelli dei paesi della Nato: 179 generali sono stati arrestati, e 149 congedati con disonore per avere partecipato al colpo di stato.
  • Dal 16 luglio sono cominciati gli arresti e le epurazioni anche per i magistrati: 2.745 giudici sono stati sospesi, 800 arrestati.
  • Il 21 luglio la Turchia ha dichiarato lo stato d’emergenza, che conferisce più poteri al governo e alle forze armate, oltre alla possibilità di non chiedere l’autorizzazione del parlamento per approvare alcune leggi. Lo stato d’emergenza permette di limitare alcune libertà individualiper ragioni di sicurezza.
  • In seguito all’approvazione dello stato di emergenza è stata sospesa la Convenzione europea per i diritti dell’uomo ed è stato possibile aumentare la quantità di giorni per cui è consentita la detenzione amministrativa: si è passati da quattro a trenta giorni.
  • Il primo decreto firmato da Erdoğan in seguito allo stato d’emergenza è stata la sospensione di 21mila insegnanti, oltre alla chiusura di 1.043 scuole private, 1.229 fondazioni e 15 università.
  • Misure repressive sono state rivolte anche nei confronti dei giornali. La libertà di stampa in Turchia era già a livelli critici, prima del colpo di stato. La Turchia si trovava al 151 posto su 180 per libertà di stampa.
  • Nei giorni scorsi sono state chiuse dal governo tre agenzie di stampa, 16 canali televisivi, 45 quotidiani, 23 stazioni radio. Inoltre 47 ex collaboratori del quotidiano Zaman, già sottoposto al controllo dello stato dal marzo 2016, hanno ricevuto un mandato d’arresto, anche in questo caso “per motivi di sicurezza nazionale”.

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