La visita della presidente del consiglio italiana, Giorgia Meloni, nella capitale libica Tripoli, il 28 gennaio 2023, non ha sostanzialmente modificato i precedenti accordi stretti dai due paesi. Dal 2008, tutti i governi italiani che si sono succeduti hanno posto l’accento su due punti chiave essenziali: assicurare il flusso di gas verso l’Italia e trattenere i migranti in Libia, a ogni costo. Naturalmente, questo in cambio dell’appoggio di Roma e dell’attenuazione dell’isolamento internazionale di Tripoli. Tuttavia, da un punto di vista legale e politico, il governo di unità nazionale libico si espone a una serie di potenziali sfide che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero ritorcerglisi contro.

Durante la conferenza stampa finale, il primo ministro Abdul Hamid al Dbaibah ha dichiarato che i due hanno in effetti discusso diverse questioni relative allo sviluppo della cooperazione nel settore energetico ed economico e all’immigrazione. A sua volta, Meloni ha dichiarato che l’Italia fornirà cinque navi, completamente equipaggiate, per assistere la così detta guardia costiera libica per fermare l’afflusso di migranti dalla Libia. Non sono state affrontate né le condizioni dei centri di detenzione libici né le violenze inflitte a rifugiati e migranti.

La visita di Meloni ha portato diversi altri benefici all’amministrazione di Dbaibah, di cui non si è parlato nella conferenza stampa.

Il mandato di Dbaibah è scaduto e le elezioni previste per il dicembre del 2021 sono state rinviate. Oggi il premier deve affrontare l’opposizione del governo parallelo con sede nell’est del paese, a Bengasi, guidato da Fathi Bashagha. In questo contesto la visita di Meloni è stata importante, in quanto dimostra l’appoggio dell’Italia all’amministrazione Dbaibah.

Inoltre la visita è avvenuta subito dopo la conferenza consultiva dei ministri degli esteri dei paesi arabi, boicottata dalla maggior parte delle nazioni arabe, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita e l’Egitto, e che si era tenuta a Tripoli il 23 gennaio. L’amministrazione Dbaibah era stata umiliata da questo evento, che aveva messo in evidenza sia la sua mancanza di legittimità sia lo scarso sostegno arabo nei suoi confronti. Allo stesso modo, la visita del direttore della Cia a Tripoli, il 12 gennaio, aveva espresso il sostegno di Washington a Dbaibah, anche se per ottenerlo il governo aveva dovuto consegnare Abu Agila Masud, un ex funzionario dei servizi segreti libici sospettato di essere responsabile dell’abbattimento del volo PanAm 103 del 1988 sul villaggio scozzese di Lockerbie. Il fatto che Abu Agila Masud sia stato sequestrato da uomini armati nel cuore della notte e poi trasportato negli Stati Uniti senza la possibilità di vedere un avvocato ha scatenato un forte risentimento nel paese.

Durante la visita l’azienda italiana Eni e la Libyan national oil corporation hanno firmato un contratto da otto miliardi di dollari. Secondo Mohamed Hammouda, portavoce ufficiale del governo Dbaibah, dall’accordo con l’Italia si attendono benefici finanziari per un totale di 13 miliardi di dollari in tre anni. Inoltre, l’accordo rappresenta il più grande investimento straniero nel settore energetico libico degli ultimi vent’anni, il che potrebbe incoraggiare altri paesi ad aumentare gli investimenti.

In base all’accordo, l’Eni svilupperà due giacimenti di gas offshore, aumentando la produzione giornaliera a circa 22 milioni di metri cubi a partire dal 2026, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dalle forniture di gas russo entro l’inverno 2024-2025. Questo in seguito al calo delle esportazioni di gas naturale libico, passate da 3,2 miliardi di metri cubi nel 2021 a 2,6 miliardi di metri cubi in Italia nel 2022. Tuttavia, l’accordo potrebbe incontrare diversi ostacoli e subire alcune conseguenze a causa della mancanza di unanimità all’interno della scena libica.

Il governo rivale guidato da Bashagha si è opposto all’accordo. Ha descritto la posizione della premier italiana come sbilanciata nei confronti di una parte inaffidabile e ha affermato che la visita era finalizzata a rianimare un “governo morto”.

Dall’accordo con l’Italia si attendono benefici finanziari per un totale di 13 miliardi di dollari in tre anni

Anche Muhammad Aoun, il ministro del petrolio del governo Dbaibah, sostiene che l’accordo è illegale, perché la Libyan national oil corporation non ha l’autorità per firmare contratti di questo tipo. Secondo gli statuti che regolano le relazioni tra la compagnia petrolifera e il ministero del petrolio, un aumento della quota del petrolio o gas destinati a un partner straniero dev’essere prima comunicato al ministero. L’aumento della quota italiana – dal 30 per cento previsto dal contratto del 2008 al 37 per cento del contratto attuale – è, secondo Aoun, una violazione di questa norma. Di conseguenza l’accordo potrebbe essere contestato e rotto in un secondo momento, come è successo in un caso simile tra il governo di unità nazionale e la Turchia sullo sfruttamento del petrolio e del gas nel Mediterraneo. Cinque avvocati libici hanno fatto ricorso alla corte d’appello di Tripoli per annullare l’accordo e i giudici hanno emesso un’ordinanza che sospende l’esecuzione del Memorandum d’intesa.

In secondo luogo, il governo di unità nazionale è stato nominato a Ginevra nel febbraio del 2021 dal Forum per il dialogo politico libico, un organismo politico impegnato in una serie di incontri per riconciliare i due governi rivali in Libia. In base all’accordo politico raggiunto a Ginevra, al governo di unità nazionale è vietato concludere accordi giuridicamente vincolanti e a lungo termine con paesi stranieri.

Per quanto riguarda le reazioni sul terreno, poche ore dopo l’annuncio dell’accordo il complesso petrolifero e del gas di Mellitah – il centro principale per le esportazioni in Italia attraverso il gasdotto Greenstream – è stato chiuso dai manifestanti che chiedevano la cancellazione dell’accordo tra Meloni e Dbaibah. Il vicepresidente del Consiglio supremo delle tribù libiche, Al Senussi al Haliq, ha dichiarato che la chiusura del complesso di Mellitah è il primo di molti passi da compiere, che consistono nella chiusura dei giacimenti petroliferi, dei porti e dei gasdotti verso l’Italia in tutte le aree intorno a Sirte e nel sudest. Questa azione è una seria minaccia per l’economia libica, che l’anno scorso ha perso 60 milioni di dollari al giorno di entrate a causa della chiusura forzata di molti campi petroliferi.

Meloni spensierata
Ci si aspettava che la visita di Giorgia Meloni avrebbe attirato aspre critiche, data l’attuale spaccatura politica e i conflitti d’interesse in Libia, ma gran parte dell’opinione pubblica si è concentrata su un aspetto che ha ripercussioni politiche pur non essendo esattamente politico, ovvero i gesti e i modi in cui entrambi i primi ministri hanno condotto l’incontro.

Le agenzie di stampa libiche e del mondo arabo si sono concentrate su un video in cui i due premier conversano sulla scala mobile mentre Meloni ride e Dbaibah le cinge le spalle. Il premier libico è stato criticato sui social media locali per aver “abbracciato” Meloni in quanto, secondo il quotidiano libico Shahid, “un comportamento così disinvolto non è coerente con la natura tradizionale degli arabi”.

Il giornalista tunisino e noto conduttore televisivo Samir Elwafi ha condiviso le foto di Dbaibah con Meloni, commentandole con ironia: “Un’immagine ha scatenato polemiche in Libia e all’estero: Giorgia Meloni, la civettuola premier italiana, si accoccola infreddolita tra le braccia del primo ministro libico Abdul Hamid al Dbaibah, la cui mano è audace e l’abbraccio benevolo. Tutto è tollerato in nome del gas e degli interessi, e tutti i mezzi sono legittimi per resistere al gelo dell’Europa. Ma Dbaibah sacrifica la stabilità della sua famiglia per la stabilità del suo governo e del suo trono. Un’immagine fuori dal protocollo”.

(Traduzione di Stefania Mascetti)

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