05 maggio 2014 19:43

Damian Lillard il 2 maggio 2014. (Craig Mitchelldyer, Reuters/Contrasto)

Con la vittoria dei San Antonio Spurs sui Dallas Mavericks in gara 7, il 4 maggio, è finita la prima fase dei playoff Nba. Qualche considerazione su quello che è successo e qualche previsione su quello che potrebbe succedere nel secondo turno, che comincia stasera.

Equilibrio e difetti. Secondo alcuni è stato il primo turno più bello, equilibrato e spettacolare di sempre. Sicuramente è stato il più equilibrato e spettacolare che abbia visto da quando ho cominciato a seguire il basket americano, negli anni novanta. Cinque serie su otto sono andate a gara 7 e un’altra (Portland-Houston) è stata decisa da un canestro all’ultimo secondo di gara 6. Ma non credo sia stato il più bello, nel senso che spesso il livello di concentrazione e di organizzazione di squadra non è stato quello che ci si aspetterebbe da un turno di playoff: tanti errori clamorosi in momenti decisivi (tipo la difesa di Houston che a 30 secondi dalla fine di una partita punto a punto si dimentica Wesley Matthews che in contropiede segna due punti facili). Houston e Portland, Brooklyn e Toronto, Golden State e Los Angeles sono squadre che vivono di fiammate eccezionali e dormite inquietanti, sono fortissime e discontinue, con tanto talento che spesso maschera limiti nel sistema di gioco.

Delusione Pacers. Il primo turno doveva chiarire se gli Indiana Pacers sono la squadra solida e completa della prima parte di stagione o quella molle e sgangherata che abbiamo visto dopo l’All Star Game. La seconda, a giudicare dal 4-3 strappato con le unghie contro Atlanta, una squadra ben organizzata e con un paio di buoni giocatori ma tutto sommato modesta. In attacco i Pacers fanno una fatica bestiale a creare una situazione di tiro, Paul George sa di doversi prendere la squadra sulle spalle ma non sembra pronto e finora la baracca è rimasta in piedi grazie alla solidità di David West e al talento di Lance Stephenson, un giocatore che può fare qualsiasi cosa su un campo di basket ma che non è la medicina giusta per una squadra che ha bisogno di continuità. Il simbolo del crollo dei Pacers è Roy Hibbert, fino a non molto tempo fa considerato uno dei centri dominanti della lega, oggi un brocco che non segna, non difende, non prende rimbalzi. Il buon vecchio Luis Scola non sarà un fulmine di guerra, ma di sicuro non può fare peggio di così. Indiana se la vedrà brutta contro Washington, una squadra atletica, ben organizzata e con giocatori di talento difficili da marcare. Se passeranno il turno, i Pacers si beccheranno una bella lezione da Miami.

I favori alle stelle. Saranno anche stati i playoff più equilibrati di sempre, ma in fin dei conti non ci sono state sorprese. Le squadre che dovevano vincere hanno vinto. Anche perché quando serviva l’Nba, come spesso succede, ha dato una spintarella alle sue stelle. Soprattutto ai Pacers, che da regolamento avrebbero dovuto giocare gara 7 senza Paul George, che è entrato in campo durante un accenno di rissa in gara 6. Invece il regolamento è stato applicato per squalificare Zach Randolph dei Grizzlies. Senza uno dei suoi giocatori più importanti, Memphis non aveva nessuna possibilità di passare il turno.

Sopravvalutati Thunder. Per Oklahoma vale in parte lo stesso discorso fatto per Indiana. È bastata una squadra solida e ben organizzata (peraltro con alcuni giocatori non al meglio fisicamente durante parte della serie) per evidenziare tutti i limiti dei Thunder: panchina di scarsa qualità, pochi punti da mani che non siano quelle di Durant e Westbrook, problemi nell’organizzazione difensiva. Sono gli stessi limiti di cui si parla da anni, ma che Scott Brooks e i dirigenti non sono riusciti a risolvere. Nemmeno quest’anno i Thunder sono candidati credibili per la vittoria finale. Lo saranno quando cambieranno allenatore e metteranno mano al portafoglio per costruire una panchina affidabile e prendere almeno un lungo di alto livello.

Vecchietti terribili. Menzione d’onore per Manu Ginobili, Tim Duncan, Dirk Nowitzki, Mike Miller, Paul Pierce, Tony Allen e Vince Carter, che continuano a giocare come se non dovessero smettere mai.

Belle sorprese. Della serie giocatori fortissimi che hanno fatto cose meravigliose nel primo turno e non sono abbastanza apprezzati: Shaun Livingston di Brooklyn, Nicolas Batum di Portland e Draymond Green di Golden State.

Il momento più esaltante. Sarebbe troppo facile scegliere i canestri da 3 sulla sirena di [Vince Carter][1] e [Damian Lillard][2]. E anche il primo quarto di [Steph Curr][3]y in gara 4, di cui ho già parlato. Scelgo il primo quarto di Dwight Howard in gara 2. Houston ha perso quella partita e la serie, e purtroppo il gigante col numero 12 non lo vedremo più. Ma un simile strapotere sotto canestro – con tanta varietà di movimenti – non la vedevo dai bei tempi di Shaqille O’Neal.

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Alessio Marchionna lavora a Internazionale dal 2009. Editor delle pagine delle inchieste, dei ritratti e dell’oroscopo. È su twitter: @alessiomarchio

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