21 maggio 2019 16:44

Ventotto giornalisti raccontano la campagna elettorale nel proprio paese in vista delle elezioni europee del 26-29 maggio 2019. La serie è realizzata in collaborazione con VoxEurop.

Dopo le elezioni legislative del 2018 la Svezia ha vissuto un lungo e problematico processo di formazione del governo. Ora che i partiti si mobilitano per le elezioni europee, il panorama politico interno sembra diviso in tre blocchi, dai confini piuttosto indefiniti. Al posto della tradizionale divisione tra centro e sinistra, oggi osserviamo tre gruppi: sinistra/verdi, centristi/liberali e conservatori/nazionalisti.

Secondo i sondaggi i temi che interessano di più gli elettori sono il cambiamento climatico, l’immigrazione e il populismo di destra. Uno scenario tipicamente europeo, se non addirittura globale. Ma il caso della Svezia presenta alcune peculiarità.

La Svezia è tra i paesi d’Europa dove il sostegno nei confronti dell’Unione europea è maggiore. Secondo i dati dell’Eurobarometro, se oggi si tenesse un referendum, più dell’80 per cento degli svedesi voterebbe per confermare l’adesione. Anche se la l’affluenza per le europee è solitamente inferiore rispetto alle elezioni politiche, uno svedese su due vota comunque per il parlamento europeo, più che nella gran parte degli stati dell’Unione.

In Europa con le regole svedesi
Al contempo, però, gli elettori e la maggioranza dei politici restano contrari all’ingresso nell’eurozona.

Il cambiamento politico più radicale rispetto agli ultimi anni è che al momento nessun partito chiede l’uscita della Svezia dall’Unione europea. I due partiti che invocavano la Svexit, posizionati agli estremi rispetto al centro liberale, sono i Democratici svedesi (Sd, nazionalisti di estrema destra) e il Partito della sinistra (Vänsterpartiet). Entrambi hanno dichiarato che non si adopereranno attivamente per l’uscita dall’Unione (anche se resta nei rispettivi programmi), ma intendono sviluppare alleanze all’interno del parlamento europeo e con i movimenti presenti in Europa.

I Democratici svedesi hanno annunciato che faranno parte di un nutrito gruppo di nazionalisti di destra all’interno del nuovo parlamento. In un certo senso il Partito della sinistra si propone come antidoto all’ascesa del nazionalismo, concentrandosi sul problema del clima e sulla lotta al populismo di destra.

A gennaio i Socialdemocratici (Sap), i Liberali (Liberalerna) e il Partito di centro (Centerpartiet) hanno trovato un accordo per creare un governo di coalizione tra socialdemocratici e verdi, che tuttavia porta avanti un programma molto influenzato dai liberali. La motivazione condivisa dietro l’accordo è la necessità di tenere a distanza l’estremismo di destra.

Quella a cui stiamo assistendo potrebbe essere una politicizzazione (necessaria e tardiva) della questione climatica

La stessa retorica si ripropone nell’attuale campagna per il rinnovo del parlamento europeo, ma tutti i partiti (compresi i Democratici svedesi) prevedono comunque un’affermazione della destra radicale, e il voto degli svedesi con ogni probabilità contribuirà a questo fenomeno. Secondo gli ultimi sondaggi, i Democratici svedesi potrebbero ottenere il 20 per cento dei voti, in leggero aumento rispetto alle elezioni legislative del 2018. Di contro, il Partito liberale, la forza politica che più di ogni altra sostiene l’Unione europea, è crollato nei sondaggi e rischia di uscire dal parlamento europeo, così come Iniziativa femminista, partito che nel 2014 aveva fatto il suo esordio a Strasburgo, perderà quasi certamente il proprio seggio.

Il dibattito sul clima
Fino a che punto il dibattito in vista delle elezioni riguarda temi realmente “europei”? La Brexit ha ricevuto grande attenzione da parte dei mezzi d’informazione, anche perché la Svezia mantiene tradizionalmente forti legami commerciali con il Regno Unito e considera i britannici come importanti alleati nel fronte dei paesi esterni all’eurozona.

Ma all’atto pratico l’immagine della Brexit trasmessa in Svezia è quella di un incidente automobilistico al rallentatore, e non ha avuto alcun impatto concreto sul dibattito. In generale l’interesse dei mezzi d’informazione per le problematiche europee è scarso, e lo stesso si può dire della conoscenza riguardo al funzionamento del parlamento europeo. Il dibattito sulla possibile esclusione del partito ungherese Fidesz dal Partito popolare europeo, però, ha avuto una certa risonanza e ha spinto alcuni mezzi d’informazione a occuparsi delle alleanze tra partiti a livello europeo.

Il populismo di destra e l’immigrazione sono argomenti che motivano tutti i partiti, ma un’attenzione particolare merita il terzo tema prioritario per gli elettori, il cambiamento climatico. Greta Thunberg, dopo tutto, è svedese. Il suo sciopero è cominciato davanti al parlamento svedese ed è ancora in corso.

Anche mettendo da parte il ruolo specifico di Greta, non c’è dubbio che esista un interesse crescente da parte degli elettori per politiche di argine e contrasto del cambiamento climatico. I candidati di tutto lo spettro politico stanno formulando le loro proposte, che spaziano dal bando europeo delle automobili alimentate con combustibili fossili alla promozione dell’energia nucleare.

Gli opinionisti sottolineano la riluttanza di molti svedesi rispetto all’introduzione di una tassa sulle emissioni al livello europeo, dovuta soprattutto al timore di un ulteriore allargamento delle competenze di Bruxelles. In realtà quella a cui stiamo assistendo potrebbe essere una politicizzazione (attesa e tardiva) della questione climatica. Ormai riconosciuto dalla maggior parte dei protagonisti dello spettro politico, il problema del clima si sta sviluppando in una dimensione destra-sinistra. Di sicuro nessuno – gli scienziati, gli attivisti, gli elettori o Greta Thunberg – è soddisfatto dal ritmo di questo sviluppo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Ventotto giornalisti raccontano la campagna elettorale nel proprio paese in vista delle elezioni europee del 26-29 maggio 2019. La serie è realizzata in collaborazione con VoxEurop.

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