07 luglio 2011 00:00

La destinazione di un’immagine o anche semplicemente il contesto in cui viene usata, esposta o guardata, possono darle da un momento all’altro una dimensione insospettabile. È quello che è recentemente successo a un quadro di Pablo Picasso, Busto di donna, un olio su tela datato 1943. L’opera è stata prestata per un mese dal museo olandese Van Abbe di Eindhoven all’accademia internazionale delle arti di Ramallah, in Palestina. Al di là del fatto che si tratta di un’importante opera di uno degli incontestabili giganti dell’arte del novecento, c’è qualcosa che rende questo prestito molto particolare. Si da il caso che sia la prima volta che un’opera di Picasso viene esposta (e quindi vista dal pubblico) in Palestina.

Questo fatto ci fa pensare immediatamente, da un punto di vista materiale ma anche simbolico, alla situazione politica e alle ingiustizie che genera. A tutte le “impossibilità” che implica e determina. È rassicurante che un’opera del genio che dipinse Guernica come un grido contro la guerra civile spagnola, possa (anche solo temporaneamente) riparare un’ingiustizia, e che l’arte divenga simbolo del possibile. Magari anche solo perché qualche artista palestinese, dopo aver visto un capolavoro che proprio in quel contesto si carica di ulteriori significati storici, possa trarne ispirazione e dare quindi vita ad altre creazioni.

Internazionale, 905, 8 luglio 2011

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