L’anno scorso ho abortito perché io e mio marito non volevamo un terzo figlio. All’inizio ne ho parlato alle amiche. Ma dopo essermi ritrovata a difendere la mia scelta o a inventare scuse per giustificarla, ho deciso di tacere. Deve davvero restare un segreto? –Bice
Anche se sull’aborto aveva già scritto libri e tenuto conferenze, nel 2018 la docente di bioetica Chiara Lalli ha sollevato un polverone pubblicando su Wired un articolo intitolato: “Ho abortito e sto bene”. Nei giorni in cui stava scrivendo il pezzo mi ha spiegato che aveva deciso di raccontare la sua esperienza per opporsi alla retorica del “dolore necessario”, secondo cui l’aborto dev’essere sempre una scelta sofferta e traumatica. Secondo Lalli, imporre alle donne una reazione universale nei confronti dell’interruzione di gravidanza è l’ennesimo tentativo di decidere al posto loro. E di colpevolizzarle.
“Io ho abortito perché non volevo un figlio e sto bene, sono sempre stata bene e non ho mai rimpianto la mia scelta”, ha scritto. “Se dovessi scegliere una sola parola per descrivere il mio aborto, direi: sollievo. Sollievo anche per non essere stata costretta a ricorrere a rimedi illegali e pericolosi o a prendere un aereo. Come milioni di donne al mondo devono fare. Ho abortito e sto bene. Non solo in quel momento, ma tutte le volte che mi è capitato di ripensarci”. A prescindere da come e quanto deciderai di parlare del tuo aborto, la cosa più importante da tenere presente è che nessuno può dirti quali emozioni devi provare e men che mai farti sentire in colpa perché non l’hai vissuto come un trauma.
Questo articolo è uscito sul numero 1398 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati
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