17 settembre 2020 13:58

Welcome to Chechnya, benevenuti in Cecenia, il documentario di David France che sarà proiettato venerdì 18 settembre al 34º festival Mix di Milano, non è una visione facile. Capita spesso di voler distogliere lo sguardo da quello che si vede sullo schermo. David France, giornalista investigativo e documentarista statunitense, dopo il famoso reportage sul giornale russo Novaja Gazeta che il 1 aprile 2017 denunciò la persecuzione dei gay nella piccola repubblica caucasica, ha deciso di approfondire la cosa e ha messo insieme un agghiacciante documentario a più voci su una sistematica, crudele e capillare violazione dei diritti umani.

France segue un gruppo di attivisti della ong Russian lgbt network che cerca di far fuggire dalla Cecenia decine di giovani gay, lesbiche e trans. Il documentario ricostruisce le storie di un gruppo di giovani ceceni che, nascosti in un rifugio di Mosca, sono in attesa di un visto umanitario per il Canada o per qualche paese dell’Europa occidentale. Tutti portano addosso i segni dell’incarcerazione e della tortura. Per mantenerne l’anonimato senza stranianti pixellature, France usa una tecnica di morphing digitale in cui ai visi dei profughi ceceni sono applicati i visi di volontari americani disposti a prestargli, letteralmente, la faccia. La sostituzione è quasi perfetta e quei piccoli glitch che possono far sembrare un occhio più grande dell’altro o un viso stranamente asimmetrico, finiscono per diventare una caratteristica artistica interessante e un’implicita critica all’uso liberticida della tecnologia del riconoscimento facciale.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Welcome to Chechnya è notevole anche per il tipo di immagini diverse che cuce insieme: ci sono le storie dei ragazzi ricostruite da loro stessi, le riprese della loro vita quotidiana nel rifugio moscovita (una specie di triste Grande fratello con qualche inatteso momento di ilarità), i commenti degli attivisti e i terribili video di violenze e umiliazioni che la polizia riprendeva con il telefonino per mandarli alle famiglie dei ragazzi. Guardando quei video si fatica a credere che una tale crudeltà sia possibile: mi rimarrà sempre impresso il viso terrorizzato di un ragazzo immobilizzato a cui vengono tagliati i lunghi capelli biondi con un coltello, tra le risate e gli sberleffi.

La persecuzione cecena, che sta assumendo le dimensioni e le modalità di un pogrom, funziona così: la polizia cattura ragazzi o ragazze che sospetta essere gay, li tortura per fargli fare i nomi di altri dieci gay che a loro volta saranno arrestati e torturati. Chi muore durante le torture sparisce, chi sopravvive viene rispedito a casa e alla sua famiglia, che è stata informata della ragione dell’arresto, e a cui è esplicitamente chiesto di ucciderli. Il più delle volte i maschi della famiglia trovano naturale eliminare il proprio fratello, sorella, figlio o figlia degenere.

La Cecenia è una piccola repubblica a maggioranza musulmana del Caucaso settentrionale. Dal 2011 è governata da Ramzan Kadyrov, un militare (nonché allenatore sportivo), voluto e coperto dal presidente russo Vladimir Putin. Kadyrov compare in uno stralcio di repertorio e nega le persecuzioni dei gay: “Non si possono perseguitare coloro che semplicemente non ci sono in Cecenia”. È proprio a questo punto che Welcome to Chechnya smette di essere il racconto di un pogrom in una piccola e lontana repubblica caucasica e diventa una riflessione universale sull’omofobia.

L’omofobia, anche quella che abbiamo in Italia, si basa sulla rimozione dell’altro, sulla sua disumanizzazione e sulla sua invisibilità. A chi dice che il gay pride è una carnevalata, a chi dice che abbiamo cose più importanti da discutere di una legge sull’omotransfobia, a chi dice “possono fare quello che vogliono basta che non li debba vedere” fate vedere Welcome to Chechnya. Fate vedere a tutti come l’omofobia violenta, latente in una società fortemente patriarcale come quella cecena, ma non così rara anche dalle nostre parti, può diventare uno strumento di controllo della società da parte di un dittatorello senza scrupoli, con la complicità della maggior parte del paese.

Il festival Mix del cinema lgbt+ si tiene dal 17 al 20 settembre a Milano.
Qui il programma.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it