24 agosto 2022 15:12

Quando diciamo che un interprete “fa sua una canzone” immaginiamo un energico atto di appropriazione che si risolve in un atto di creazione: la canzone se ne sta lì inerte e la grande voce e il grande arrangiamento ci piombano sopra e la scolpiscono come Michelangelo avrebbe scolpito un blocco di marmo. Alcuni interpreti, in effetti, hanno impresso il loro stile a determinate canzoni in maniera indelebile: Black coffee la può ricantare chiunque ma è una canzone di Peggy Lee, come Night and day è di Frank Sinatra o Unforgettable di Nat “King” Cole. Per accettare alcune canzoni di Cole Porter non cantate da Ella Fitzgerald, personalmente, mi ci è voluto un po’. “Nel jazz e nel pop”, nota il critico musicale Will Friedwald nel suo libro The great jazz and pop vocal albums, “più che nella musica classica e nell’opera, certe incisioni sono diventate una sorta di manuale di stile. Generazioni di musicisti, cantanti e ascoltatori sono cresciuti con quegli album che sono diventati un ‘gold standard’”, ovvero una pietra di paragone per il futuro.

E quando ripetiamo che un interprete “fa sua una canzone” sottolineiamo l’unicità del suo stile, il coraggio della sua appropriazione, la capacità d’imporre all’ascoltatore il suo punto di vista. Pensiamo a come una primadonna dello swing come Anita O’Day prendeva uno standard e lo tendeva a suo piacimento come un elastico, o a come Sarah Vaughan abbia trascinato il grande songbook americano nell’era del bebop.

Ascoltando Where is love?, uno dei pochissimi album che ci ha lasciato la cantante jazz di origine ceca Irene Kral (1932-1978), si assiste a un paradosso: un’interprete che fa sue le canzoni sfiorandole appena. Eppure il suo modo di trattare il repertorio, così minimale e discreto, rimane un fiero atto di appropriazione e di creazione. Un atto in cui la presenza dell’artista sembra invisibile e in cui le canzoni paiono cantarsi da sole. È ovviamente un inganno, perché le canzoni non si cantano da sole e il lavoro della loro interprete parte già dalla selezione. Ogni pezzo di Where is love? è scelto con estrema attenzione insieme al pianista, il neozelandese Alan Broadbent, che l’accompagna con tocco tenue e con toni quasi impressionistici. Ci sono standard (Spring can really hang you up the most), pezzi scritti da altre compositrici e interpreti di immenso talento (I like you, you’re nice di Blossom Dearie) e medley di canzoni tratte da musical di Stephen Sondheim e Leonard Bernstein.

È proprio in questi showtune, pezzi scritti per il teatro musicale, che lo stile di Irene Kral si esprime al meglio: nessun sentimentalismo, nessun eccesso, zero vibrato, le canzoni respirano e mostrano tutto il loro potenziale lirico. L’artista soppesa ogni parola e in modo solo in apparenza naturale e privo di sforzo le dà un senso: Irene Kral è un’interprete di ballad e di standard prodigiosa. Quando, in I like you, you are nice canta: “Portami a casa e stai un po’ con me. Se sei buono ti farò una meravigliosa, favolosa e famigerata tazza di caffè del Costa Rica” riesce a dire tutto. Riesce a essere sexy e un po’ sfrontata ma allo stesso tempo fragile, come una persona che fa una battuta di spirito per non essere presa troppo sul serio in un momento in cui sta chiedendo attenzione e amore. Proprio nella sua asciuttezza e nella sua economia di mezzi, Irene Kral si espone emotivamente in ogni canzone di questo album. In Spring can really hang you up the most (“La primavera può davvero buttarti giù”), ispirata al verso di T.S. Eliot “Aprile è il mese più crudele”, Kral riesce a essere non solo semplicemente malinconica ma alla sua malinconia riesce a dare tutti i colori e i suoni della bella stagione, tra fiori che sbocciano e uccellini che cinguettano.

Irene Kral, a metà anni settanta, è una cantante apprezzata e rispettata che per buona parte degli anni cinquanta e sessanta era stata quietamente nell’ombra. Aveva fatto swing e jazz come ospite in grandi band e la sua fama era da sempre schiacciata da quella del fratello maggiore Roy, pianista, arrangiatore e anche lui cantante. Muore di tumore al seno nel 1978, a soli 46 anni e, come dimostra ampiamente Where is love?, aveva appena trovato la sua voce, dopo decenni di apprendistato e di affinamento della sua arte. Nelle note che accompagnano la prima edizione dell’album la cantante Carmen McRae, sua amica fraterna che le riconosceva un gusto impeccabile per il repertorio, scriveva: “ Un disco da avere per chiunque ami la bellezza”.

Irene Kral
Where is love?
Choice, 1974

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