04 settembre 2012 12:05

Da quarant’anni nessuno cammina più sulla Luna. Neil Armstrong è morto e Barack Obama ha rinunciato per motivi economici al programma spaziale Constellation. Certo, l’atterraggio (o più esattamente “l’ammarteraggio”), all’inizio di agosto, della sonda Curiosity sul pianeta rosso testimonia che l’esplorazione spaziale non è conclusa. Ma è ormai principalemente affidata alla tecnica e alla meccanica.

È scomparso lo spirito di sfida, di rischio e di “follia”. La voglia di superare le frontiere umane che aveva portato alla missione Apollo e lasciato l’intera umanità incollata davanti a un televisore in bianco e nero il 20 luglio 1969.

Si sa che il progetto sulla Luna fu lanciato da John F. Kennedy in risposta al giro della Terra realizzato nel 1961 dal cosmonauta sovietico Yuri Gagarin. Il presidente statunitense decise allora di mettere piede sul satellite prima della fine del decennio. Così fu, malgrado i rischi e le sostanziose probabilità di insuccesso.

“Avevamo il 90 per cento di possibilità di tornare sani e salvi, ma solo il 50 per cento di atterrare sulla Luna al primo tentativo”, ha dichiarato in seguito Armstrong. La guerra fredda fu la spinta decisiva per la missione Apollo. Non occorre augurarsi il ritorno di tensioni e competizioni geopolitiche per ripartire alla conquista della spazio. Ma questa non può essere affidata solo alle macchine.

I computer hanno ormai una capacità matematica superiore all’uomo. Da anni sono più forti a giocare a scacchi di qualsiasi maestro o campione del mondo. Ma nessuna macchina avrebbe mai potuto inventare il gioco stesso degli scacchi, per non parlare del piacere e del desiderio connessi. I robot non conoscono (ancora) la curiosità e la passione umana.

Dietro i voli del Soyuz e dell’Apollo 11 c’erano avventure e sfide collettive. Ormai, invece, le spedizioni si limitano a mandare astronauti in stazioni orbitali a poche centinaia di chilometri dalla terra. Solo i cinesi sembrano oggi tentati di andare più lontano portando

taikonauti sui pianeti del sistema solare.

E l’Europa? Lancia con successo i razzi Ariane e sviluppa altri programmi tecnologici ed economici. Ma non nutre sogni spaziali capaci di creare speranze condivise, affermare senso di unità e di orgoglio comune.

Così, purtroppo, non è arrivato il messaggio di Herman Van Rompuy, che nello spirito di Kennedy nel 1962 e all’indomani della scomparsa di Neil Armstrong, avrebbe potuto annunciare in nome dell’Unione europea: “Andiamo su Marte!”.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it