12 luglio 2015 17:59

Al Sisi è uno statista, is a great leader, ha detto Matteo Renzi ad Al Jazeera a proposito del generale egiziano arrivato al potere il 3 luglio del 2013 con un colpo di stato che ha rovesciato il presidente democraticamente eletto Mohamed Morsi, e lasciato sull’asfalto quasi mille morti.

Da allora, Abdel Fattah al Sisi è protagonista non solo delle strade del Cairo, tappezzate di sue gigantografie, ma anche dei rapporti di Amnesty international. Dal colpo di stato alla fine del 2014, gli attivisti uccisi sono stati oltre 1.400. Quasi duemila gli arrestati, innumerevoli e imprecisati quelli spariti nel nulla. Centinaia i torturati.

Ufficialmente l’obiettivo, al solito, è l’estremismo islamico. Ma la repressione non ha colpito solo i Fratelli musulmani, organizzazione adesso fuorilegge, con decine di processi e condanne a morte, inclusa quella dello stesso Morsi.

La repressione ha colpito anche la sinistra. Anche il Movimento 6 aprile, scintilla della primavera araba, ora è fuorilegge. I volti più noti di piazza Tahrir sono tutti in carcere. E insieme agli attivisti sono finiti nel mirino i giornalisti: soprattutto Al Jazeera, accusata di diffondere notizie false e sostenere il terrorismo, e difesa dalla stampa di tutto il mondo.

Le cose, nel 2015, non sembrano essere cambiate. A gennaio, durante una manifestazione, Shaimaa al Sabbagh è stata uccisa da un proiettile. Ma è stata colpa sua, si è giustificata la polizia: “Era troppo magra”. Per il resto, in settori diversi dalla violazione dei diritti umani, il solo risultato di governo reso noto finora è stato la cura istantanea dell’hiv (che funziona anche per l’epatite C e non meglio specificati “altri virus”): pazienti tornano sani nel giro di 16 ore.

Ma Matteo Renzi non sa niente di tutto questo. Ignora, per esempio, che il colpo di stato in Egitto ha segnato l’inizio della radicalizzazione in Siria, con la frattura tra laici e islamisti, la comparsa del gruppo Stato islamico, e da lì, dalla Siria, la sua saldatura con i sunniti iracheni. Ignora che Al Sisi non ha stroncato solo la democrazia in Egitto, ma anche la primavera araba. E che è proprio per questo che si è avuto un aumento vertiginoso dei migranti, o più esattamente, dei profughi – perché la lingua, sì, le parole sono importanti – profughi in fuga da guerre e regimi autoritari di ogni tipo.

Ed è successo per questo motivo: perché capi di governo come lui si sono schierati con gli Al Sisi, gli Assad, come in passato con i Mubarak e i Gheddafi. In Egitto il 49,9 per cento della popolazione, 40 milioni di persone, vive con meno di 1,50 euro al giorno, mentre otto egiziani possiedono il 6 per cento della ricchezza del paese.

È da questo, è dalle politiche di questi grandi leader, che sono in fuga disperati, quei profughi che Matteo Renzi, in apertura di intervista, si ripropone di mandare indietro. Spiegando di volerli rispedire nelle countries of provenance, invece che nelle countries of origin – esprimendo il suo pensiero, unica volta, con accuratezza: perché provenance si dice delle merci. Delle cose, non delle persone.

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