21 novembre 2014 15:50

Ha ignorato la raccomandazione di Silvio Berlusconi, che gli aveva consigliato di tagliarsi il codino e la barba incolta. “Sono una pecora nera”, sorride Alan Fabbri, 35 anni. Fino a poco tempo fa il candidato della Lega nord a presidente della regione Emilia-Romagna era conosciuto solo agli abitanti di Bondeno, che l’hanno eletto sindaco per la seconda volta. Questo ingegnere che suona il basso in un gruppo rock non punta davvero a succedere a Vasco Errani alla presidenza. Ma può sognare il sorpasso della Lega su Forza Italia, un successo inimmaginabile pochi mesi fa.

Fabbri non si lamenta di dover fare campagna elettorale all’ombra dell’onnipresente leader della Lega, Matteo Salvini: “Senza di lui nessuno parlerebbe di me”. Sul litorale romagnolo Salvini celebra Raoul Casadei come “antidoto alla globalizzazione”. Il re del liscio ringrazia con una maglietta con la scritta “Non abbiamo troppe pretese, ci droghiamo col sangiovese”. Una campagna elettorale nazionalpopolare fatta di pacche sulle spalle, piadine e “Romagna mia”.

Per Salvini battere Berlusconi sarebbe un passo importante verso il progetto di fondare un partito lepenista in Italia. Ma i sogni di questo populista sfrenato non si fermano qui. È convinto di poter superare anche il Movimento 5 stelle, in crisi proprio qui, dove ha eletto il primo sindaco di un capoluogo di provincia, nonché parecchi consiglieri regionali e comunali a Bologna. Ma le solite espulsioni hanno avvelenato il clima, e così Beppe Grillo, che ama le ovazioni e le piazze piene, ha rinunciato a venire a Bologna.

Matteo Renzi invece ha tenuto comizi a Parma e Bologna, cercando di mobilitare l’elettorato stanco e deluso di una regione che vede indagati 41 consiglieri su 50. Tra le contestazioni degli antagonisti e dei centri sociali si è incontrato con una cinquantina di sindaci, ha visitato alcuni stabilimenti e ha polemizzato duramente con la segretaria della Cgil Susanna Camusso.

Nessuno dubita che domenica il Pd vincerà nella regione rossa per eccellenza. I suoi veri nemici non sono gli altri partiti, ma l’astensionismo che potrebbe guastargli la festa dopo decenni di solide maggioranze. Anche in Calabria, dopo la condanna del presidente uscente Giuseppe Scopelliti, il Partito democratico parte nettamente favorito. E anche lì l’M5s va incontro a una pesante sconfitta che potrebbe spingere il movimento sotto il 3 per cento. Motivo che ha convinto Beppe Grillo a rinunciare a impegnarsi direttamente nella campagna elettorale anche qui, dove il suo solito trionfalismo sarebbe stato fuori luogo.

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