02 febbraio 2021 17:17

Tash Aw
Noi, i sopravvissuti
Einaudi, 290 pagine, 20 euro

Letto in ritardo per motivi stupidi – anche se Tash Aw mi è caro come a tanti lettori di questa rivista grazie alla presentazione al festival di Ferrara del 2017 di Stranieri su un molo (pubblicato da Add) – questo romanzo è tra i migliori di questi anni, e l’unico paragone che viene di fare è con i romanzi, i saggi, le inchieste dell’indiano Amitav Ghosh (tradotto, come Tash Aw, da Anna Nadotti). Per lucidità e coinvolgimento, per chiarezza e spirito militante.

Malese di origine cinese, Tash Aw crea un personaggio di assassino per caso (ha ucciso un immigrato!). Dentro tutte le speranze e le frustrazioni del popolo di cui fa ormai parte, anche se partecipa come tanti di due culture e lingue, Ah Hock ha di fronte il mercato degli immigrati di più etnie, sfruttati da una borghesia avida come tutte e nel contesto di uno sviluppo inconsulto, di aggressione alla natura (che si vendica anche su di lui), d’insicurezza del futuro per milioni di persone. Il protagonista del romanzo si racconta o, meglio, si confessa al telefono-registratore di una ragazza borghese che è decisa a lottare, a non farsi fregare dalla sua stessa classe. Due i contesti, le vite: uno sconfitto (anche dalla natura) pieno di contraddizioni e una giovane intenzionata a lottare. Il mondo va avanti peggio che male, e altrove ben peggio che qui. Tash Aw è un vero scrittore, che ha scelto da che parte mettersi.

Questo articolo è uscito sul numero 1394 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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