22 giugno 2020 15:03

Gentile bibliopatologo,
soffro di un’avanzata forma di idiosincrasia nei confronti dei libri in formato digitale che, di anno in anno, sta contribuendo all’aumento della pressione interparietale della mia libreria e al calo proporzionale della saturazione del mio salvadanaio. Avrei dunque dei buoni motivi per passare all’innovazione, ma la verità è che non credo di essere nemmeno lontanamente pronta per convivere con la consapevolezza di aver letto libri inodori e insfogliabili di cui non possiedo copia cartacea. Pensa che la debba considerare una paura da superare o che possa inserirla nel bagaglio di quegli innocui limiti che ci rendono così naturalmente umani?

– Claudia

Cara Claudia,
non chiamarli limiti né paure, chiamale semmai scelte, preferenze, inclinazioni. E quanto al libro elettronico, non considerarlo un’innovazione, bensì un’alternativa. Certo, gli stereotipi correnti non aiutano. Per ogni bibliofeticista un po’ naïf che tuffa il naso nell’odore della carta al mattino, trovi ormai almeno un tecnofilo pronto ad accusarti di luddismo o a farti passare per una specie di amish che se ne va in giro in cocchio quando per strada ci sono le automobili, gli scooter e i monopattini. Ma il libro digitale non è il libro cartaceo in una forma più evoluta, è proprio un’altra cosa – un oggetto che suggerisce altri usi, altre abitudini, altri gesti. Ebbene: sono usi, abitudini e gesti che trovi congeniali?

Westend61, Getty Images

Io, per esempio, uso poco gli ebook per una ragione banale: perché non posso vederli allineati sugli scaffali di una libreria. Ho una pessima memoria di richiamo, e se non ho davanti agli occhi un libro non mi ricordo neppure di averlo; per la stessa ragione, lascio scadere metà delle cose che ho nelle dispense della cucina, perfino creature quasi immortali come i barattoli di pelati. Ma questa ragione pratica ne nasconde una più esoterica – del resto, magia e arti della memoria sono andate a braccetto per secoli.

Un luogo dell’immaginazione
In breve: la biblioteca di casa è, in piccolo, il teatro della memoria di un mago rinascimentale. È una mente o anima artificiale, lo specchio esteriore di un paesaggio interiore, un palcoscenico su cui possiamo assistere allo spettacolo fantasmagorico della conoscenza in atto, un luogo dell’immaginazione che consente di agire indirettamente sulla nostra mente operando sulla combinazione e la ricombinazione dei volumi.

In Come ordinare una biblioteca, Roberto Calasso riporta queste impressioni sconcertate di Fritz Saxl quando entrò per la prima volta nella biblioteca di Aby Warburg:

Warburg non si stancava mai di spostare libri e poi spostarli di nuovo. Ogni passo avanti nel suo sistema di pensiero, ogni nuova idea sulla interrelazione dei fatti lo induceva a raggruppare in altro modo i libri che vi erano coinvolti.

Il processo, va da sé, è bidirezionale: ogni nuova interrelazione dei libri ci induce a considerare una diversa interrelazione dei fatti; e ogni ordine della nostra biblioteca, per quanto apparentemente casuale, avventizio o dettato da ragioni contingenti – per esempio: ho dovuto mettere i miei libri sui cani accanto a quelli di fantascienza, perché era l’unico spazio rimasto libero – illumina una nuova porzione del nostro paesaggio mentale. Tra i miei libri di fantascienza c’è Anni senza fine di Clifford Simak, dove l’umanità si è estinta e il pianeta è dominato dai cani!

Me ne accorgo solo ora, scrivendoti: nella libreria che ho di fronte, lo scaffale più alto è occupato dai libri di teologia, poi ci sono alcuni libri sulla mitologia, a seguire c’è uno scaffale dedicato alle fiabe, poi ancora una sezione di etnologia e folklore, e in basso, quasi a terra, dei libri di psicoanalisi. È un ordine di cui saprei ricostruire la genesi, tutt’altro che pianificata: ho messo in alto i libri di teologia perché li prendo di rado, per esempio; e le fiabe le ho messe lì perché occupavano esattamente quello spazio vacante. Ma non trovi che, a colpo d’occhio, sia un ordine su cui meditare e fantasticare a lungo? Ebbene, dovrei sacrificare tutto questo alla comodità dei libri elettronici?

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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