16 aprile 2019 17:06

Tutte le strade portano alle elezioni legislative e presidenziali indonesiane del 17 aprile e alcune passano dalle grandi piantagioni di Sumatra, dove il presidente Joko “Jokowi” Widodo e il suo governo si prendono ingiustamente tutta la colpa per i bassi prezzi mondiali dell’olio di palma e della gomma.

Sumatra potrebbe essere l’unica delle otto principali isole dove lo sfidante alle presidenziali, Prabowo Subianto, dovrebbe risultare vincitore. Quindi è comprensibile il recente sfogo del ministro per la coordinazione marittima, Luhut Panjaitan, contro le limitazioni che l’Unione europea vuole fare entrare in vigore a proposito dell’uso dell’olio di palma nella produzione di biocarburante.

È comprensibile anche la decisione dell’Indonesia e degli altri due paesi appartenenti al Consiglio internazionale per la gomma (Itrc), Malaysia e Thailandia, di ridurre le esportazioni naturali di gomma nel tentativo di stabilizzare il prezzo mondiale di questo materiale, che si è recentemente stabilizzato dopo essere crollato anche a 1,2 dollari al chilo lo scorso anno.

Più di venti milioni di indonesiani basano la propria sopravvivenza sull’olio di palma

Secondo un recente sondaggio, proprio nelle dieci province di Sumatra Pradowo potrebbe ottenere il 50,5 per cento dei voti, a fronte del 37 per cento di Jokowi e di un 12,5 per cento di indecisi. Si tratta di un margine superiore a quello ottenuto da questo generale in pensione nel 2014, quando solo 129mila volti separarono i due candidati.

Panjaitan, nativo di Sumatra e fidato consigliere del presidente, ha minacciato all’inizio di aprile di vietare alcune importazioni dall’Ue se quest’ultima avesse deciso di porre limitazioni più rigide all’uso di biocarburante nel quadro del rinnovato Pacchetto per l’energia rinnovabile (Red II) adottato dal parlamento europeo lo scorso dicembre.

Ha anche minacciato di far uscire l’Indonesia dallo storico accordo sul cambiamento climatico di Parigi del 2015. “Se Stati Uniti e Brasile possono uscire dall’accordo sul clima, anche noi valuteremo quest’opzione, nell’interesse della popolazione”, ha dichiarato.

Non ha aiutato il fatto che il prezzo dell’olio di palma grezzo sia calato per tutto il 2018, passando da settecento dollari alla tonnellata del marzo 2018 ai 539 dollari di novembre, prima di risalire leggermente fino agli attuali 570.

Anche i prezzi della gomma sono rimasti ostinatamente bassi, danneggiando le piantagioni di Sumatra. All’inizio di aprile l’Itrc ha deciso di ridurre le esportazioni di 240mila tonnellate per un periodo di quattro mesi, nel tentativo di riportare i prezzi a un livello superiore all’1,6 dollari al chilo.

Più di venti milioni di indonesiani, a Sumatra e a Kalimantan, basano la propria sopravvivenza sull’olio di palma. Ma le aziende agricole sono nel mirino dell’Europa, preoccupata dal punto di vista ecologico per la progressiva deforestazione e per le minacce all’habitat naturale degli oranghi e di altri animali selvatici in via d’estinzione.

I funzionari indonesiani, per difendere il paese, hanno introdotto una moratoria sulla concessione di nuove licenze per le piantagioni di olio di palma che Widodo si è deciso a firmare lo scorso anno, tre anni dopo aver promesso di farlo all’indomani degli incendi e della successiva haze crisis (foschia tossica) che avevano colpito il Sudest asiatico.

I produttori si lamentano del fatto che, in molti casi, l’attività illegale di taglio e trasporto del legname, che prosegue nelle loro concessioni, sia opera di esercito, polizia e altri poteri locali. “Siamo noi a venire accusati”, dichiara un dirigente d’azienda di Sumatra, “ma spesso la terra non viene usata per produrre l’olio di palma”.

“Sospettiamo che sia tutta una questione di interessi economici (dei produttori di olio vegetale europei), non ambientalisti”, afferma un funzionario del ministero della coordinazione marittima, che esalta le virtù dell’olio di palma e del suo rendimento, incomparabilmente più alto di qualsiasi altra coltura. “Dopo tutto, l’olio di palma è più economico di quello di girasole”.

Il presidente Widodo e il primo ministro della Malaysia Mahathir Mohamed hanno spedito una lettera congiunta alla Commissione e al parlamento europei il 5 aprile, protestando per le azioni intraprese contro la principale esportazione agricola dell’Asia sudorientale e minacciando sanzioni commerciali.

“Entrambi i nostri governi vedono nella cosa una strategia politica economica calcolata, volontaria e ostile per rimuovere l’olio di palma dal mercato dell’Ue”, hanno scritto. “Se questa regolamentazione dovesse entrare in vigore, i nostri governi potrebbero rivedere i propri rapporti generali con l’Ue, oltre che con i singoli stati che ne fanno parte”.

Mahatir vuole che entrambi i paesi diano inizio a una campagna diplomatica aggressiva, che preveda anche di portare il caso presso l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) a Ginevra. “Abbiamo detto all’Ue che saremo costretti a contrattaccare se continueranno con questa iniqua discriminazione nei confronti dell’olio di palma”, ha dichiarato.

Il pacchetto Red II non proibisce esplicitamente l’uso dell’olio di palma come biocarburante, non limitandone neppure il commercio. Ma s’impegna a limitare del 7 per cento entro il 2021 il consumo, nel settore del trasporto, di biocarburanti prodotti da colture animali e foraggere e di eliminarlo del tutto entro il 2030.

Inoltre il biodiesel ottenuto dall’olio non sarà più considerato parte del mix di energie rinnovabili e non avrà quindi più i requisiti necessari per ottenere i sussidi attualmente in vigore.

La retorica intransigente mostrerà agli elettori che il governo è preoccupato del benessere dei suoi lavoratori agricoli

Queste restrizioni derivano dall’approvazione, da parte del parlamento europeo, della risoluzione 2016/2222, che sollecita gli stati membri a intraprendere azioni per proteggere le foreste in via di sparizione e sostenere l’uso di olio di palma sostenibile, un prodotto già sottoposto a maggiori regolamentazioni rispetto a qualsiasi altro olio vegetale.

L’ex presidente del Consiglio dei paesi produttori di olio di palma (Cpopc) Mahendra Siregar, ha invitato alla calma, facendo notare che le esportazioni di olio di palma indonesiano in Europa sono passate dal 77 ad appena il 16 per cento della produzione totale dal 1990. “Non credo che il mercato dell’olio di palma europeo sia davvero importante per l’Indonesia in questo momento, ed è questa la logica che dovremmo seguire”, ha dichiarato di recente.

Il valore delle importazioni di olio di palma indonesiano da parte dell’Ue è calato del 22 per cento rispetto al 2017, ma includendo il biocarburante raffinato in Indonesia, la cifra totale è scesa solo del 2 per cento rispetto all’anno precedente, nonostante il crollo globale dei prezzi.

Le esportazioni indonesiane lo scorso anno sono cresciute dell’8 per cento, arrivando a 34,5 milioni di tonnellate, per un valore stimato di 20,3 miliardi di dollari. I suoi tre principali mercati sono India (24,5 per cento), Unione europea (16,1 per cento) e Cina (12 per cento). Le esportazioni verso l’Europa sono rimaste relativamente stabili, con una media di 3,5 milioni di tonnellate, o 2,2 miliardi di dollari, all’anno.

Secondo alcuni analisti la retorica intransigente di Pajaitan sarà probabilmente accolta favorevolmente nel suo paese, e mostrerà agli elettori che il governo è preoccupato del benessere dei suoi lavoratori agricoli, ma è improbabile che convinca l’Ue a cambiare strada e potrebbe perfino avere un effetto inverso.

Ritorsioni in vista
Anche le minacce potrebbero rivelarsi spuntate. Il ministero ha dichiarato che gli aerei prodotti dalle aziende europee potrebbero essere oggetto di un boicottaggio, ma la compagnia di bandiera Garuda, dopo aver previsto di cancellare un ordine di 49 velivoli del tormentato modello 737 Max di Boeing, possiede oggi delle alternative limitate.

Garuda possiede già 22 velivoli A330 prodotti dall’europea Airbus e 16 Atr 72 a turboelica, oltre a 43 A320 e otto A320 neo utilizzati dalla compagnia aerea sussidiaria Citilink, oltre a 27 apparecchi già ordinati.

Le esportazioni di olio di palma grezzo (cpo) per la produzione alimentare e di bevande non sono state intaccate, ma le limitazioni ai carburanti a base di cpo diminuiranno la domanda generale e priveranno i coltivatori dei profitti che si aspettavano dall’aumento della produzione, passata da 20,5 milioni di tonnellate nel 2008 a un record di 46 milioni di tonnellate nel 2018.

Quasi metà dell’olio di palma importato dall’Ue è oggi utilizzato per i biocarburanti, ma adesso che l’Unione sta cambiando le sue politiche, i produttori indonesiani sperano che il consumo interno e un aumento delle consegne in India e Cina la aiuteranno a colmare i mancati guadagni.

Alimentato dalla decisione del governo di usare biocarburanti per ridurre le costose importazioni petrolifere, l’uso interno di olio di palma ha toccato i 13,4 milioni di tonnellate nel 2018, di cui 4,3 milioni trasformate in biodiesel. Il consumo locale del cosiddetto carburante B20, composto al 20 per cento da olio di palma, è salito del 72 per cento rispetto all’anno precedente, e costituisce oggi il 3,8 per cento del mix di energia totale.

Il governo vuole che l’azienda petrolifera statale Pt Pertamina apporti delle modifiche alle sue due raffinerie di Sumatra, Plaju e Dumai, le quali possiedono una capacità congiunta di trecentomila barili al giorno, affinché producano biocarburante, nel tentativo di ridurre le importazioni di petrolio greggio anche di 23mila barili al giorno.

L’Indonesia progetta di aumentare il proprio utilizzo di energie rinnovabili, passando dall’attuale 13 per cento al 23 per cento del suo mix energetico entro il 2025, con il biodiesel che dovrebbe assorbire circa il 30 per cento dell’attuale produzione di olio di palma. Un dirigente di un’azienda produttrice di olio di palma ha dichiarato che “ci saranno incrementi marginali nella produzione totale nei prossimi anni, ma la moratoria finirà per coprirla tutta”.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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Questo articolo è stato pubblicato dalla rivista online Asia Times.

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