01 marzo 2017 13:26

L’Indonesia è il principale produttore mondiale di olio di palma, seguito dalla Malesia: insieme raggiungono l’85 per cento della produzione.

Presente in molti prodotti alimentari e consumato dagli esseri umani da più di cinquemila anni, nell’ultimo decennio quest’olio è sempre più diffuso nell’alimentazione. Poiché la sua richiesta è aumentata in misura esponenziale è stato necessario creare nuovi spazi per coltivarne le piante. Ettari di terreno vengono così sottratti alle foreste pluviali indonesiane, da molti ritenute un patrimonio mondiale per la loro ricca biodiversità.

I terreni per la coltivazione delle palme sono spesso ottenuti incendiando massivamente molte aree della foresta, causando un rilevante danno ambientale e una minaccia per le specie animali che abitano queste zone. Appena cinquant’anni fa, l’82 per cento dell’Indonesia era coperta da foreste, già nel 1995 la percentuale era scesa al 52 per cento e oggi si registra la perdita di un milione di ettari all’anno per l’incremento della produzione dell’olio vegetale. In seguito a questi fenomeni l’Indonesia è diventato il terzo paese mondiale per l’emissione di gas serra.

La deforestazione con gli incendi minaccia sopratutto una specie: l’orang-utang o più comunemente orango, che in malese significa “uomo delle foreste”. Per questo animale la foresta rappresenta un habitat fondamentale e oggi questa specie è ufficialmente in via d’estinzione.

Ma oltre alla minaccia ambientale ce n’è una che riguarda la popolazione: Amnesty international ha denunciato una violazione dei diritti umani nelle piantagioni indonesiane, dove sono molti i bambini che ci lavorano in condizioni pericolose.

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