20 dicembre 2020 10:18

Una parte della sinistra laburista sembra pronta a insorgere contro i vertici del partito per la scelta, fatta a ottobre, di sospendere Jeremy Cor-byn, accusato più volte di antisemitismo. E una parte della destra laburista sembra pronta a usare quest’insurrezione per epurare la sinistra. Il leader del partito, Keir Starmer, è come un naufrago abbandonato su un’isola che lui stesso ha creato, bloccato tra due fazioni in guerra tra loro. Non serve essere un grande maestro di scacchi per ipotizzare i possibili finali della partita. O Corbyn si scusa per le violazioni della legge sull’uguaglianza, individuate dalla Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani (Ehrc), in modo da poter tornare a essere un membro effettivo del parlamento; o ottiene questo stesso risultato vincendo in tribunale; o ancora viene espulso, provocando la legittima rabbia della maggioranza di sinistra che sta cercando di collaborare con la direzione del partito. Nel frattempo, le riunioni del Constituency labour party (le riunioni alle sezioni del Partito laburista) finiscono con abbandoni e sospensioni, perché le sezioni locali rifiutano il divieto di discutere la sospensione di Corbyn. Non si può andare avanti così.

Se Corbyn si scusa, in linea di principio non c’è motivo di escluderlo dal gruppo laburista in parlamento. Facendolo, si riconoscerebbe alla destra del Labour il diritto di veto su chi è autorizzato a sedere nei banchi del partito. Ecco perché Starmer dovrebbe riammettere Corbyn, che però dovrebbe scusarsi. Bisognerebbe fermare le polemiche. In ogni caso, forse la battaglia politica non si placherà.

Durante la sua campagna per la leadership Starmer aveva dichiarato il suo obiettivo: un governo a maggioranza laburista in grado di garantire la giustizia sociale, climatica ed economica. La sua politica incarna la teoria della giustizia del filosofo statunitense John Bordley Rawls, secondo cui la socialdemocrazia è una via migliore per raggiungere la giustizia sociale di un’economia di mercato regolamentata. Questo è il principio alla base delle “Dieci promesse” fatte dal leader laburista, che dovrebbe costituire la base di un programma di governo incentrato sugli investimenti verdi e sulla ridistribuzione delle ricchezze.

Mancano i numeri
Resta un problema: c’è Starmer, c’è la sua squadra, ma non esiste lo starmerismo. Purtroppo, però, esiste il “corbynismo”, e non come ideologia politica. Corbyn ama ripetere: “Non esiste il corbynismo, solo il socialismo”. Ma ora gira tutto intorno a lui. Il Partito laburista è stato riconosciuto colpevole di aver infranto la legge e incoraggiato l’antisemitismo. Non è una colpa da poco, peserà sul partito fino alle elezioni del 2024. Eppure, invece di espiarla, una piccola parte della sinistra del partito pensa alla scissione. La scelta del sindacato Unite di revocare il 10 per cento delle sue affiliazioni e la decisione del Sindacato dei panificatori e affini (Bfawu) di avviare una consultazione sullo stesso tema sono segnali di un programma più ampio. Una setta neostalinista, finanziata da un sindacato, farebbe comodo ai blairiani e ai conservatori. Quindi sarebbe una cattiva idea.

La sinistra non ha i numeri per sfidare i vertici del partito. L’unico risultato di una sfida di massa sarebbe una sospensione di massa. Per restituire a Corbyn il suo ruolo in parlamento bisognerebbe ridimensionare il problema, e spero che questo succeda presto.

Uno sviluppo più interessante è la nascita del gruppo Love socialism, creato da alcuni parlamentari del gruppo Socialist campaign group e del più piccolo Open labour contrari alla Brexit. L’iniziativa si concentra su princìpi politici e su temi innovativi, non sulla ribellione faziosa. Ed è una cosa positiva, perché quello che manca nella guerra interna al Partito laburista è proprio la politica.

Ci avviciniamo al primo anniversario della sconfitta elettorale del 2019. La vecchia dirigenza non ha fornito nessuna analisi seria sui motivi che hanno portato a quel risultato. Ha deciso di dare la priorità alla ricostruzione della fiducia piuttosto che a obiettivi e scelte politiche concrete. Ma ora che è arrivato il vaccino per il covid-19, forse sarà possibile fare dei veri incontri e del vero attivismo. La prossima volta che andrò a una riunione del partito non voglio parlare di Jeremy Corbyn, voglio sentire proposte concrete. Non voglio veder gente che se ne va infuriata.

Il Labour è l’unico strumento che hanno i lavoratori britannici per formare un governo in grado di garantire la giustizia sociale. Il compito della sinistra del partito è mobilitare le persone per combattere il capitalismo, la lobby dei combustibili fossili, le politiche migratorie dei conservatori, sostenere le vittime dell’incendio della Grenfell Tower. Per riuscirci deve imparare a convivere con quelli a cui il capitalismo piace di più e vogliono un cambiamento graduale. Si chiamano socialdemocratici e, come abbiamo scoperto, sono tanti.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Questo articolo è uscito sul numero 1388 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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