17 febbraio 2015 10:47

1. Carmen Consoli, San Valentino
La primavera è impaziente, la follia ordinaria, le melodie cosmiche e le albe suadenti; e caotica, la bellezza; ridente, la trasparenza del mare; e noi le vogliamo bene uguale, e rieccola stavolta con modalità materne, narrazioni scorrevoli, una studiata naturalezza per sfidare “la furia mediatica”. Con questa “tossicodipendenza da aggettivi” (diagnosi di Paolo Madeddu) si può giocare in salotto, e forse il valore aggiunto del nuovo album, L’abitudine del ritorno: la si accoglie come una di famiglia, e una volta ascoltati i suoi racconti, ci si può pure scherzare.

2. Salvo Ruolo, Malutempu
“Ma sa missa fu’ cantata / e a favula cuntata / e facistu puru tri jonna di fistinu / bi dicu ca u malutempu / ’n dura tuttu un tempu”. Come antica profezia sicula, e meteo misto metafora, il canto dei briganti dei partigiani e degli anarchici in un arduo ottocentesco dialetto siculo e antisavoiardo assai, nell’album Canciari patruni ’un è l’bittà, si lascia decifrare non senza qualche fatica, ma il cantante indio di Barcellona Pozzo di Gotto ne cava racconti incalzanti, e un gran bel lavoro di folk filologico e vitale da sanguigno western sudista.

3. Cesare Basile, Tu prenditi l’amore che vuoi
“I cecchini sul giornale / quando scostano le tende / ci rivelano feroci / che il mafioso è il sottostante”. Eccolo, il siculo dalla vena cupa, con un precursore in modalità Domenica delle salme dell’album, in uscita a marzo. Un cantautore che ribolle sotto l’Etna e forgia musiche e pensieri ponderosi, con strali di suggestiva minaccia che forse non illuminano il loro artefice con la debita chiarezza. È una cartolina molto sicula, un panorama di ombre in cui s’intuiscono le scie di un magma che crea distruggendo.

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2015 a pagina 12 di Internazionale, con il titolo “Sicilia, favole e sangue”. Compra questo numero | Abbonati

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