06 ottobre 2016 18:09

Il critico cinematografico del New York Times, A.O. Scott, comincia così la sua recensione di Lo and behold di Werner Herzog: “Lo and behold, Reveries of the connected world è un documentario di Werner Herzog su internet. Per alcuni lettori questa frase è più che sufficiente”. Tra quei lettori mi c’infilo anch’io: Herzog che affronta la grande rivoluzione digitale è qualcosa che non possiamo permetterci di perdere. Anche perché, come scrive sempre Scott, il film è tutt’altro che un’esaustiva analisi delle promesse e delle minacce del “mondo connesso”. Ma è piuttosto quello che promette il titolo in inglese, cioè una serie di “fantasticherie” che hanno stimolato lo sguardo del regista tedesco. Se non vi basta sapere questo, possiamo aggiungere che la presenza fuoricampo di Herzog pervade tutti gli episodi del documentario, che spaziano dalla robotica alla conquista di Marte, resa più probabile da un mondo digitalizzato.

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Nella prima puntata di Newsroom, la serie Hbo di Aaron Sorkin sul giornalismo, i protagonisti si trovano di fronte a una specie di scelta: decidere di ritornare a informare il pubblico in un modo che può sembrare donchisciottesco, cioè semplicemente raccontando di quello che succede, o continuare a cedere al sensazionalismo e al giornalismo più “vendibile” per un network, assecondando e stuzzicando quindi i “gusti” del pubblico e degli inserzionisti. Proprio mentre Will McAvoy, il volto del network Acn, interpretato da Jeff Daniels, e MacKenzie McHale, il regista del programma di McAvoy, interpretata da Emily Mortimer, discutono animatamente del futuro delle news, esplode il caso Deepwater Horizon. Nell’aprile del 2010 un’esplosione a bordo della piattaforma petrolifera che stava scavando un pozzo sul fondo del golfo del Messico per conto della Bp ha provocato una fuoriuscita di petrolio in mare, causando il peggior disastro ambientale della storia degli Stati Uniti.

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Tornando a Newsroom: dopo un’accesa discussione i buoni reporter decidono che la notizia è il probabile disastro ambientale e l’imperizia di chi gestiva la piattaforma, argomenti con poco appeal per un pubblico televisivo, e non un’operazione di recupero di superstiti in mezzo al mare, servizio che invece, giocando sull’eroismo dei soccorritori e sull’emotività del pubblico, promette ascolti altissimi. Probabilmente da qui sono partiti i produttori di Deepwater. Inferno sull’Oceano, film di Peter Berg con Mark Wahlberg, John Malkovich e Kurt Russell. La pellicola racconta un po’ quello che i reporter di Newsroom hanno messo in secondo piano: cioè le operazioni che hanno portato al salvataggio di 115 dei 126 uomini che si trovavano a bordo della piattaforma. Eroismo e forti emozioni sono garantite, anche dalla presenza di Wahlberg.

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Quando hai 17 anni, diretto da André Téchiné e scritto dal regista insieme a Céline Sciama, racconta il difficile rapporto tra due adolescenti, Tom e Damien, compagni di scuola in una piccola cittadina del sudovest della Francia. Sono due outsider. Quando si fanno le squadre per la partita di pallacanestro sono gli ultimi a essere scelti. Ma non solidarizzano, anzi, si capisce subito che tra loro c’è qualcosa che fa attrito. Non sono due violenti. Tom, figlio adottivo di una coppia di contadini che vivono in un luogo impervio, è evidentemente un bravo ragazzo, servizievole, studioso, serio. Anche Damien, figlio della dottoressa del villaggio e di un pilota militare impegnato in una missione in Afghanistan, è un bravo ragazzo, si capisce dal rapporto aperto e gioioso che ha con la madre. Eppure quando vengono a contatto l’uno con l’altro finiscono per darsele di santa ragione.

Le cose non migliorano quando la madre di Damien, per aiutare la madre di Tom bloccata a letto da una gravidanza difficile, invita Tom a passare un periodo nella casa dove vive con Damien. Se non sono due ragazzi violenti, due ragazzi difficili, non hanno situazioni familiari al limite, insomma sono due adolescenti apparentemente normali, cos’è che li spinge a scazzottarsi ogni volta che si trovano vicini? La risposta diventa presto evidente. Da quel momento in poi il film si allunga un po’ senza però arrivare a stiracchiarsi, si mantiene in equilibrio e alla fine ci restituisce dei personaggi a tre dimensioni, credibili grazie anche a interpretazioni molto convincenti.

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Molta curiosità suscita il nuovo film di Roberto Faenza, La verità sta in cielo, sul caso di Emanuela Orlandi, la ragazza di 15 anni scomparsa a Roma il 22 giugno del 1983. Il titolo del film di Faenza suggerisce che ormai nessuno può raccontarci (fornendo prove) cosa sia successo alla ragazza, ma si può provare a mettere in fila le informazioni certe a disposizione.

Leggendo la lista dei personaggi ci si può fare un’idea: Riccardo Scamarcio interpreta Enrico De Pedis, Greta Scarano veste i panni di Sabrina Minardi, Anthony Souter quelli di Roberto Calvi, Paul Randall è monsignor Marcinkus, Giacomo Gonella è Antonio Mancini e Valentina Lodovini interpreta la giornalista Rai Raffaella Notariale, autrice di un libro intervista a Minardi intitolato Segreto criminale, in cui la ex compagna di De Pedis racconta quello che sa su Emanuela Orlandi. Nel cast c’è anche Maya Sansa nei panni di una giornalista di origini italiane che lavora per un giornale straniero.

Molta meno curiosità per Il sogno di Francesco, nuovo film sulla vita di san Francesco D’Assisi, stavolta interpretato da Elio Germano che si unisce a un piccolo plotone di attori che hanno vestito le sdrucite tonache del poverello tra i quali vale la pena di nominare Lou Castel, Mickey Rourke e Franco Oppini.

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