06 luglio 2020 17:29

Quando Clint Eastwood gli consegnò l’Oscar alla carriera, nel 2007, Ennio Morricone, classe 1928, disse che quello non era un punto d’arrivo ma “un punto di partenza” per migliorarsi “al servizio del cinema e al servizio anche della mia personale estetica sulla musica applicata”. Con grande umiltà il musicista, compositore, direttore d’orchestra e insegnante (in una parola: maestro) ha sorvolato sul fatto che la sua estetica un’impronta sulla musica applicata l’aveva già impressa da tempo.

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Impossibile dire quali sono le 5, 10, 15, 150 colonne sonore più importanti di Ennio Morricone. Meglio affidarsi alla memoria. A partire dai titoli di testa, quelli della trilogia del dollaro, Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto e il cattivo (1966), animati dal designer Iginio Lardani, che raccontano di artigiani destinati a diventare dei grandi. La musica di Morricone è protagonista assoluta di quei film, al pari di Clint Eastwood, Gian Maria Volonté e degli altri grandi attori. Ce ne sono tante, ma ecco una delle sequenze in cui la musica di Morricone, The ecstasy of gold, è la perfetta controparte di Eli Wallach.

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Da qualche parte ho letto che Morricone non amava essere accostato solo ai film di Sergio Leone, ma è impossibile non ricordare anche le musiche di C’era una volta il west (1968) e Giù la testa (1971), entrambe incastonate, talvolta anche a sproposito, nel nostro immaginario.

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Nel frattempo Morricone aveva già collaborato con tanti grandi come, in ordine sparso, Giuliano Montaldo (Sacco e Vanzetti), Gillo Pontecorvo (La battaglia di Algeri), Pier Paolo Pasolini (tra gli altri Uccellacci e uccellini), vari film di Dario Argento (pre e post Goblin), Marco Bellocchio (I pugni in tasca, La Cina è vicina), i fratelli Taviani, Bernardo Bertolucci, Tinto Brass e ovviamente Elio Petri (Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, La classe operaia va in paradiso). Per anni ho associato Florinda Bolkan alla magnetica colonna sonora di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e alla suadente bossanova di Metti una sera a cena.

Ma torniamo alla memoria. Quando ero ancora bambino passavo tanti pomeriggi a casa degli amici del cuore, Francesco e Federico. Ogni tanto c’era anche il loro papà Fabrizio, una persona che ha contribuito molto a far crescere la nostra passione per il cinema. A Fabrizio piaceva farci ascoltare delle colonne sonore, come quella del Clan dei siciliani di Henri Verneuil. Il film non è memorabile, ma la musica di Morricone lo è.

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Anche quando il cinema italiano ha cominciato a segnare il passo, Morricone ha continuato a lavorare (particolarmente proficua e duratura è stata la collaborazione con Giuseppe Tornatore) e a espandere i suoi orizzonti: Roland Joffé, Brian De Palma, John Carpenter, Roman Polanski, Pedro Almodóvar, Mike Nichols, Barry Levinson, Warren Beatty, Adrian Lyne sono solo alcuni nomi accostati a un’operosità che non ha conosciuto generi e confini, fino ad arrivare al premio Oscar vinto con le musiche originali di The hateful eight di Quentin Tarantino, nel 2016.

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Ma prima di congedarci da Ennio Morricone, morto in una clinica romana il 6 luglio 2020 non prima di aver scritto il proprio necrologio, per i titoli di coda abbiamo pensato alla benedizione che nel 1980 Morricone diede a un promettente giovane regista romano, come lui e come l’amico Sergio Leone. In una Roma calda, estiva, semideserta, il giovane Carlo Verdone si avvia verso il Gianicolo sulle note di una musica composta per lui dal maestro, una delle tante che rimarranno per sempre impresse nella memoria.

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