29 marzo 2024 14:01

Ad aprile uscirà Back to black di Sam Taylor-Johnson, la biografia di Amy Winehouse interpretata da Marisa Abela. Nelle sale c’è Bob Marley. One love di Reinaldo Marcus Green, con Kingsley Ben-Adir nei panni di Marley. Negli ultimi anni sono stati realizzati film biografici su, in ordine sparso, Whitney Houston (I wanna dance with somebody), Elton John (Rocketman), Aretha Franklin (Respect), Freddie Mercury (Bohemian rhapsody), Judy Garland (Judy) e tanti altri, tra cui ovviamente Elvis Presley (Elvis).

Ci sono progetti, in diversi stadi di avanzamento, per biopic su Michael Jackson (Michael dovrebbe arrivare nel 2025, con Jafaar Jackson, il nipote del cantante, a interpretarlo), su Madonna (vi convince Julia Garner come interprete?), su Nat King Cole, su tutti e quattro i Beatles, sui Rolling Stones, sui Bee Gees…

Insomma, i film biografici delle star del rock’n’roll e del pop sono una voce importante nei piani di produttori e distributori. Ma Priscilla di Sofia Coppola, ispirato all’autobiografia di Priscilla Presley Elvis and me (1985) non è uno di quelli. È molto più simile a un film di Sofia Coppola. Priscilla Beaulieu (Cailee Spaeny, Coppa Volpi a Venezia) ha quattordici anni quando nella sua vita irrompe Elvis Presley (Jacob Elordi, già visto in Euphoria e Saltburn), che ha dieci anni più di lei ed è già una superstar internazionale.

Le attenzioni che il divo rivolge all’anonima ragazzina danno immediatamente l’impressione di qualcosa di stonato. Senza scendere nei dettagli della trama, l’inquietudine non diminuisce quando Elvis si fidanza con Priscilla e la porta con sé a Graceland, la sua leggendaria residenza a Memphis, in Tennessee. Priscilla sembra trasformata in un arredo della casa che diventa per lei una classica gabbia dorata.

Le gabbie dorate sono un tema ricorrente nei film di Sofia Coppola, per esempio Marie Antoinette, ma anche Il giardino delle vergini suicide. Com’è ricorrente la solitudine in cui si possono ritrovare le persone celebri, come abbiamo visto in Somewhere e in Lost in translation. Possiamo dire che Sofia Coppola ha scelto un terreno e uno stile molto familiari per raccontare una relazione che sulla carta è da sogno (milioni di ragazze avrebbero voluto trovarsi al posto di Priscilla) ma che somiglia più a un incubo.

Questo testo è tratto dalla newsletter Schermi.

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