28 aprile 2011 00:00

Paola Mastrocola è una brava scrittrice che (nessuno è perfetto) si diletta scrivendo di scuola. Di questa ha un’idea precisa.

L’unico alunno, su 25, che merita il suo insegnamento è tal Demonte. Demonte la entusiasma: interrogato “ripete esattamente quel che io ho detto”. In proposito, nell’ultima uscita di Education 2.0, Carlo Ridolfi rammenta un’incisione seicentesca di Norimberga: c’è un ragazzo con un buco in testa in cui è infilato un imbuto; in piedi, accanto a lui, un insegnante versa nell’imbuto la conoscenza della quale il ragazzo e la sua testa devono essere riempiti. Il tempo è passato, ma Mastrocola pensa ancora che nella scuola l’insegnante, depositario del sapere, debba travasarlo nella testa, accogliente e vuota, dell’allievo. Ma quella testa non è mai stata vuota e oggi lo è ancor meno.

Lo dice bene in una rencontre con Le Monde Éducation Alain Finkielkraut, saggista massmediatico che esprime umori cari alle destre francesi e italiane ma, tuttavia, riflette e ragiona. Se non d’altro le teste dei giovani sono piene dei flussi di informazione che vengono dai media e in particolare dal web. Il rischio è che la scuola non se ne renda conto, che i ragazzi subiscano passivamente e si riducano al plagio, alla ripetizione, non più dei saperi dell’insegnante, ma di quel che tra mille cose raccattano nella rete. Ricreare le condizioni in cui si apprezzi un testo nel suo valore concentrandosi nel capirlo: questo, per Finkielkraut, un buon compito per la scuola.

Internazionale, numero 895, 29 aprile 2011

Correzione: 5 maggio 2011

Il nome della rivista Education 2.0 conteneva un refuso.

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